lunedì 13 agosto 2012

Unire le lotte contro i veleni

Seguiamo con partecipazione e profonda attenzione quello che sta avvenendo in queste settimane nella città di Taranto. Lo facciamo, innanzitutto perchè siamo convinti che proprio sulla questione Ilva sia emerso in maniera cruda e dirompente il nodo dello scontro tra un tipo di produzione industriale e la salute. Un nodo, che ci parla di come questo modello di sviluppo si stia mangiando i territori attraverso un opera di costante devastazione ambientale, ma soprattutto i cittadini, la cui salute viene minata dagli scarti industriali – ed in casi come Taranto dalla produzione industriale stessa.

nota della Rete Commons

taranto ilva Un nodo che ci racconta di come la fase attuale del capitalismo tenga in sé, come elemento caratterizzante, quello dello sfruttamento dell'ambiente e la distruzione della salute. Elementi legati in maniera indissolubile. Solo chi difende interessi particolari può pensare di separare la difesa della salute da quella del rispetto dell'ambiente. Così come, parimenti, solo chi difende gli interessi dei poteri forti può provare a giocare sullo scontro tra lavoro e salute/ambiente. Non può esserci uno scontro che vede agli antipodi i diritti sul lavoro ed il rispetto della salute e dell'ambiente. Chi produce un discorso di questo senso, come i padroni dell'Ilva (e di centinaia di altre fabbriche in Italia), come i politici di governo, equamente distrubuiti tra maggioranza ed opposizione, come alcuni sindacati, semplicemente difende gli interessi di un capitalismo predatorio che per sopravvivere a se stesso ci sta uccidendo.
Il tema della produzione industriale ha sempre avuto a che fare con le nostre lotte sul territorio della Campania. Già, in Campania, dove l'ultima grande produzione industriale, quella dell'Italsider di Bagnoli, ha cessato l'attività all'inizio degli anni novanta. Eppure gli scarti industriali di buona parte del paese, frutto di una produzione già di per sé inquinante, hanno trovato comodo alloggio proprio qui da noi. I recenti studi del professor Toni Giordano, ci dimostrano come sia ormai scientificamente evidente il legame tra aumento dei tumori e sversamento degli scarti industriali nella nostra regione, dove il tasso di mortalità è ampiamente al di sopra della media nazionale.
Anche in questo caso le risposte delle istituzioni sono davvero imbarazzanti, se non si parlasse di numeri che significano morti per tumore, ci sarebbe quasi da ridere. Davanti a questi studi, il Ministro della Salute Renato Balduzzi, ha affemato che l'aumento di mortalità per tumori in Campania è dovuto ai cattivi stili di vita dei cittadini. In pratica moriamo prima perchè mangiamo troppo e fumiamo troppo!! Poco interessa al titolare del dicastero della salute se in Campania sono censite 3.000 discariche di rifiuti speciali abusive. Poco interessa se l'azione governativa in questi decenni ha favorito di fatto lo sversamento degli scarti industriali sulla nostra terra. Poco interessa se il fenomeno criminale dei roghi di rifiuti avvellena quotidianamente l'intera provincia a nord di Napoli.
Lo scontro tra la produzione industriale e la vita delle persone è drammaticamente (e finalmente) sotto gli occhi di tutti. Lo è grazie a quegli operai ed a quegli attivisti dei centri sociali che a Taranto hanno rotto l'ineluttabilità dei termini dello scontro tra lavoro e salute. Grazie a loro, che con forza hanno denunciato come lo scempio del territorio tarantino in questi anni ha vissuto di complicità delle istituzioni a tutti i livelli e di una oggettiva disattenzione delle organizzazioni sindacali, una delle tante Chernobyl silenti di questo paese si è manifestata con forza. Grazie al lavoro di chi, fuori dai sindacati e dai partiti, a Taranto sta evidenziando una chiave di lettura diversa di ciò che è accaduto, possiamo assumere il terreno dello scontro tra produzione industriale e territorio/vita/ambiente come un elemento sempre più comune nelle lotte sociali in questo paese.
Quando parliamo di necessità di un nuovo modello di sviluppo, parliamo del fatto che non può esserci mediazione possibile tra inquinamento e salute. Questo, in nessun caso, può essere assunto come una richiesta di assistenzialismo. Se si chiede il rispetto della salute non si può passare per assistenzialisti. Se si denunciano le responsabilità di chi in questi anni davanti a quello che avveniva a Taranto – come altrove – si è voltato dall'altra parte, non si può passare per “esaltati”.
Stupiscono e feriscono le parole di quei sindacalisti che abbiamo conosciuto come radicali compagni di lotta e che oggi su questo tema invece evidenziano delle differenze che ci auguravamo superate. Non possiamo non ricordare come anche su quello che sta avvenendo in Campania le stesse organizzazioni sindacali hanno sempre dimostrato un ritardo spaventoso. Solo grazie al confronto costante, sui nostri territori siamo riusciti ad addivenire a posizioni comuni. Con le stesse organizzazioni vorremmo confrontarci serenamente. Ma davanti a chi definisce “voglia di assistenzialismo”, la volontà degli operai e degli attivisti di Taranto di riprendersi le piazze per denunciare che questo non è l'unico modello di sviluppo possibile, vorremmo prima delle scuse!
Piuttosto che cadere nello squallido tranello della dicotomia lavoro/salute, dovremmo essere capaci di superare i termini di questo scontro unendo il piano rivendicativo complessivo ed aggiungendo ad esso il piano del diritto all'esistenza. Se non è possibile convertire la fabbrica, se non è possibile (perchè non lo è!) produrre acciaio senza inquinare ed avvelenare, se non è possibile una mediazione tra produzione industriale di quel tipo e sostenibilità, perchè dovrebbe essere scandaloso reclamare il diritto a sopravvivere e quindi un reddito di esistenza, quantomeno come soluzione ponte verso una strategia di uscita del territorio tarantino dalla cappa dell'acciaio verso una altro modello di produzione ?
Questa rivendicazione è la nostra rivendicazione.
Siamo certi che queste settimane di mobilitazioni abbiano dato un contributo importante alle lotte in difesa della salute, dell'ambiente, dei territori e dei beni comuni in questo paese. La polemica sul biocidio in corso in Campania unita alle mobilitazioni tarantine ed alle mille altre battaglie ambientali nel paese ci riconsegna la responsabilità di fare rete tra queste esperienze, di costruire un piano comune di lotta che sappia essere valore aggiunto per ogni battaglia e che sappia tracciare il nuove coordinate per le lotte al tempo della crisi. Siamo particolarmente contenti che questo contributo sia venuto da Taranto e dal Mezzogiorno. Contenti anche perchè protagonisti di quelle battaglie sono attivisti ed attiviste che abbiamo conosciuto sui nostri territori e che riteniamo fratelli e sorelle di lotta.
Rete Commons
Comitati di Chiaiano, Marano, Mugnano

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