martedì 25 giugno 2013

Dopo la condanna del leader PdL Epifani e Berlusconi da Letta, sale la temperatura nel Governo

Enrico LettaUfficialmente l'incontro rientra tra quelli che il premier sta tenendo con i leader della maggioranza in vista dei provvedimenti su Iva e lavoro al vaglio del Governo. Ma Enrico Letta, che ieri ha incontrato il presidente di Scelta Civica Mario Monti, questa mattina ha visto Guglielmo Epifani e nel pomeriggio riceverà il presidente del Pdl Silvio Berlusconi. Inevitabili interrogativi sul futuro della maggioranza che sostiene l'esecutivo.

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Tensione nella maggioranza
"Dopo la sentenza a 7 anni di Berlusconi - sintetizza il Corriere della sera - come si può immaginare che le tensioni fra PdL e Pd non siano destinate a incattivirsi?". "Da ieri saranno più baldanzosi i demolitori professionali della 'retorica della pacificazione', i nostalgici di un ventennio in cui lo scontro politico fra politica e magistratura è stato rovente e senza mediazioni, i cantori di una 'guerra civile fredda' (...) che hanno trovato nella demonizzazione o nella santificazione di Berlusconi l'unico parametro dei loro giudizi politici".

"Macelleria"
Uno sguardo alle aperture dei quotidiani italiani conferma questa lettura: "Macelleria", titola a tutta pagina Il Giornale. E nell'editoriale Vittorio Feltri parla di una "politica che si aggrappa ai magistrati": "una democrazia che non riesca a funzionare senza aggrapparsi in qualche modo alla magistratura, non è una democrazia. E una magistratura che si presti, o che dia l'idea di prestarsi, a determinate manovre non fornisce una prova esemplare di autonomia. E' solo una sensazione, ma molto forte". Libero non va per il sottile: "Giustizia a puttane" è il titolo d'apertura e Filippo Facci scrive di un Berlusconi "dopo 20 anni incastrato da una farsa".

Veleno sulla pacificazione

La sentenza "avvelena i pozzi - dice a Repubblica Mariastella Gelmini (Pdl)
- E' stata scritta dai nemici della pacificazione che mirano a far saltare il banco. Noi non dobbiamo prestare il fianco a questo tentativo di destabilizzazione. E a questo punto non si può tenere fuori dall'agenda delle emergenze, anche la riforma della giustizia".

La mutazione del Cavaliere
Ma il direttore Ezio Mauro nell'editoriale parla di "abuso e dismisura" e prova a trarre le conseguenze politiche della condanna di Berlusconi: "La più netta, la più chiara, sarebbe il ritiro di Berlusconi dalla politica, come accadrebbe dovunque. Ma in Italia non accadrà. La politica è il vero scudo del Cavanliere. E il governo, con la sua maggioranza di contraddizione, è l'ultimo tavolo dove cercherà di trattare, assicurando aualsiasi cosa (...) in cambio di un aiuto sottobanco. Altrimenti, salterà il banco, e dopo la breve parentesi da statista, il Cavaliere tornerà in piazza, incendiandola".

Primi segnali
Amedeo Lamattina su La Stampa ricostruisce le reazioni dell'ex premier, ieri: "Ci ha riflettuto a lungo prima di scrivere la nota di commento della sentenza di Milano che lo ha condannato per il caso Ruby a 7 anni per concussione e prostituzione minorile. L'ha scritta di suo pugno e non ha voluto suggerimenti da parte di nessuno, tranne da sua figlia Marina, la quale ieri ha usato il lanciafiamme contro la magistratura che vuole far fuori politicamente suo padre. E quando il Cavaliere ha inviato il testo della nota al portavoce Paolo Bonaiuti, i dirigenti del Pdl hanno notato che qualcosa era veramente cambiato: non c'era nessun riferimento al governo, non c'era quel passaggio rassicurante che lui stesso aveva inserito dopo la sentenza della Consulta che non gli riconobbe il legittimo impedimento. In quell'occasione, appunto, Berlusconi disse in maniera esplicita che l'esecutivo è immune dalle sue vicende giudiziarie, separando le sentenze dal destino politico di Enrico Letta. Le cose sono cambiate".

Brunetta: andremo alla Corte costituzionale
A Radio Anch'io Brunetta anticipa una possibile strategia del PdL: quando è emersa una vicenda relativa ad intercettazioni "la Presidenza della Repubblica ha coinvolto la Corte costituzionale per stabilire i diritti del Presidente della Repubblica avendo ragione. Quindi, se l'ha fatto il Presidente della Repubblica avendo pienamente ragione, lo può fare certamente il cittadino gia' presidente del Consiglio Silvio Berlusconi".
"Quando viene leso un diritto costituzionale, i singoli -aggiunge- ma anche le istituzioni hanno il diritto-dovere di reagire. Noi faremo esattamente quello che ha fatto il Presidente della Repubblica per difendere i diritti costituzionali della Presidenza
della Repubblica. Mi pare che che la Procura di Palermo non stia tanto bene dopo le sue ultime decisioni, mi pare che il procuratore capo di Palermo sia in fase di trasferimento, mi pare che i nastri delle registrazioni siano state distrutte, mi pare che ci sia stata una pronuncia della Corte costituzionale al riguardo".

L'Unità: Berlusconi faccia un passo indietro

Insomma, sostiene Il Fatto quotidiano, "il Cavaliere è già oltre le larghe intese". "Da Apicella a Iafrate, molti protagonisti del processo rischiano l'accusa di falsa  testimonianza. L'ex premier ora punta alle urne, ma teme Napolitano e l'asse Pd-Grillo. Pronta la figlia Marina". Per l'Unità " Berlusconi dovrebbe fare un passo indietro: "Il centrodestra è a un bivio strategico. Deve scegliere fra due strade. O sostiene il Governo Letta, fino a consentirgli le riforme istituzionali ed elettorale , e usa questo tempo per darsi una struttura politica democratica interna e una successione a Berlusconi, oppure si chiude nel bunker del Capo (...) Non tocca a noi chiedere a Berlusconi di fare un passo indietro. Ma la realtà è che oggi due leader su tre, nel nostro strano tripolarismo, sono già leader extra parlamentari. Così il rischio Italia è più alto".

Ferrara: tutti in piazza Farnese
Ad Agorà, su RaiTre, Giluiano Ferrara dà appuntamento alle 19 a piazza Farnese in Roma, "gli amici del Foglio convocano una manifestazione per bere il sangue di coloro che esultano per la condanna di Berlusconi. Chi ha la sua da dire contro il moralismo che si fa ingiustizia penale ben venga".

L'Avvenire: un processo da non celebrare
Prova a chiosare con equilibrio l'Avvenire: "Il gran problema -dell'Italia, non ancora di Berlusconi 'presunto innocente' sino al terzo grado- è che la sentenza poteva
essere sia meno aspra sia meno clamorosa. Anzi, non doveva esserci per
niente. E non per impunità, ma per specchiato rigore. Quello -conclude il direttore Tatrquino - a cui è tenuto chi rappresenta e governa il Paese".

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