lunedì 30 settembre 2013

Banca Etica, "Come raccontano la crisi?" Cancellati i sindacati e il Terzo Settore.



Banca Etica, "Come raccontano la crisi?" Cancellati i sindacati e il Terzo SettoreUno studio britannico diffuso dall'istituto di credito, ispirato alla finanza equa, incentrato prevalentemente sul comportamento della BBC, ma che svela comportamenti di "distrazione" comuni ad altri sistemi mediatici europei e non solo. Individuati quattro nodi principali. L'usanza di interpellare solo politici e finanzieri. Se ne parlerà al Festival di Internazionale a Ferrara.

ROMA - Banca Etica diffonde uno studio su come i media informano la popolazione sulla crisi finanziaria internazionale iniziata nel 2008. La ricerca, incentrata sulla BBC e sul modo in cui il colosso dell'informazione televisiva britannica ha trattato il tema, dimostra che i mezzi di comunicazione più seguiti danno voce quasi esclusivamente alla parte dominante della finanza e della politica, spesso compartecipi del potere mediatico, senza alcun interesse verso il Terzo Settore, che realmente combatte contro la recessione.
Le relazioni pericolose tra stampa e finanza. Parlare di crisi finanziaria e sistema mediatico genera un ginepraio di domande. Come viene affrontata la questione? Chi viene interpellato per cercare le cause del problema? Come vengono riportati i dati? Queste sono soltanto alcuni spunti che Banca Etica ha posto per comprendere il ruolo che quarto e quinto potere hanno nella reale descrizione dei problemi, legati al crollo economico internazionale. Da qui è nata una ricerca di Banca Etica che ha portato a diffondere uno studio realizzato dal professor Gregory Philo, direttore della ricerca alla Media Unit dell'Università di Glasgow e da Mike Berry, lettore alla Scuola di Giornalismo, Media e Studi Culturali dell'Università di Cardiff. Lo studio,  pur soffermandosi quasi esclusivamente sulla BBC, diventa un motivo di riflessione ben più esteso sul modo in cui i cittadini vengono indirizzati per comprendere la questione-crisi e su quali sono i principali interlocutori dei media per capirne le cause e ricercarne le possibile soluzioni.

I 4 nodi dell'informazione. Gli autori della ricerca hanno individuato 4 punti chiave per interpretare le esigenze cui i mezzi di comunicazione devono sottostare nell'informare.

1) - Innanzi tutto, la tendenza politica e le implicazioni economiche dei singoli media, che devono corrispondere alle proprie caratteristiche di oggetto di mercato e di guadagno;

2) -
in secondo luogo la loro destinazione, ovvero ciò che il fruitore di quel media vuole leggere e sapere, rispetto alle proprie aspettative e tendenze polico-economiche.

3) - Il terzo fattore è la capacità del mezzo di rispettare le regole di democrazia;

4) - il quarto è forse il più importante e il più torbido: il fatto cioè, che la finanza, i colossi bancari e tutto quel potere non politico, ma economico, che s'intreccia con la politica, influenza il mezzo stesso, in modo più o meno diretto e più o meno legittimo.

Si interpellano solo politici e finanzieri.  Da qui, lo studio di Philo e Berry si concentra su chi i mezzi di comunicazione interpellano per diffondere e commentare le notizie sull'andamento del crollo economico. Il settore al quale i media si rivolgono principalmente è quello della finanza: banchieri e analisti finanziari, con oltre il 40% del tempo dedicato loro nelle trasmissioni della BBC e nei maggiori quotidiani britannici. Seguono i politici, con un tempo d'ascolto pari al 38% circa, ed è palese che i due settori più interpellati sono gli stessi che, a loro volta, hanno generato la crisi.

Comunque gente legata alla finanza dominante. I rappresentanti dell'economia reale, come gli amministratori delegati di aziende, hanno udienza appena per il 7%,  alla pari con giornalisti esterni alla BBC, ma tutti comunque provenienti dalla stampa finanziaria (che non mette in discussione il modello di finanza generatore della crisi) e con gli accademici (i quali spesso sono anche membri di CdA di grandi banche o delle autorità che avrebbero dovuto vigilare).

I sindacati del tutto ignorati. Il punto più interessante della ricerca è che l'informazione annulla quasi del tutto l'opinione della classe media di cittadini e lavoratori che s'impegnano nella sopravvivenza quotidiana e nella ricerca di soluzioni sostenibili, d'impegno etico e civile per risolvere il problema crisi. Il termine usato da Philo e Berry "miscellaneous" include artisti, rappresentanti di Ong, psicologi, etc.: in maniera un po' confusa, questi professionisti che partecipano all'andamento dell'economia reale di ciascun paese, sono ascoltati da stampa e televisione soltanto per il 3% circa. Il mondo del sindacato poi, che rappresenta i lavoratori tutti,  ha meno dell'1% di udienza.

I Media ci impongono a cosa pensare. La conclusione dei due studiosi britannici è che i mezzi di comunicazione impongono al fruitore l'approccio mentale al problema. "I mass media non hanno il potere di dirci "cosa" pensare: molte persone sono critiche nei confronti dei messaggi dei media - scrivono Gregory Philo e Mike Berry - Ma è dimostrato che i mezzi di comunicazione di massa hanno il potere di indicarci "a che cosa" pensare. Gli argomenti e i punti di vista non trattati dai media, scompaiono dal dibattito pubblico".  Se è forte come è forte questo potere, bisogna denunciarne le falle e discutere sul come e sul cosa fare per far emergere i reali meccanismi che stanno dietro a ciascun accadimento. Di questo Banca Etica discuterà, in tempi di crisi, al Festival di Internazionale a Ferrara, il 5 ottobre prossimo.

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