lunedì 2 settembre 2013

Una discarica su due è illegale

Il governo italiano è stato costretto a imporre il rispetto delle regole Ue sul trattamento dei rifiuti. Specie su quelli 'umidi', che non vengono trattati a dovere. E ora almeno metà dei centri di smaltimento è fuorilegge.

L'Espresso di Andrea Palladino

 Una lettera circolare del ministero per l'ambiente del 6 agosto scorso sta facendo tremare moltissimi gestori di discariche italiane. La vecchia pratica di buttare la monnezza non trattata negli invasi è definitivamente illegale e, da un mese, potrebbe costare pesanti sanzioni. Una situazione che - secondo alcuni studi - riguarderebbe la metà degli impianti italiani, con punte dell'89 per cento nel Sud e del 69 per cento nel Centro Italia. Una vera e propria bomba ad orologeria, in grado di mettere in seria difficoltà centinaia di comuni italiani, che, al più presto, dovranno trovare una soluzione: «La situazione è senza dubbio critica», spiega un alto dirigente del ministero, «e in qualsiasi momento le procure potrebbero agire contro i gestori e i conferitori». Una prospettiva che rischia di innescare una nuova crisi generale in un settore sempre sull'orlo dell'emergenza, soprattutto da Roma in giù.

La nota, firmata dal ministro Andrea Orlando, è poco più di un atto dovuto dopo l'avvio di una infrazione comunitaria milionaria. Nel 2011 la Commissione europea aveva aperta la procedura partendo dalla gestione di buona parte delle discariche della Regione Lazio e ha contestato il mancato trattamento di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti.

L'obbligo di rendere inerte la parte più pericolosa del rifiuto, il cosiddetto umido, ovvero quella frazione organica responsabile della formazione degli odori molesti e del percolato, vero incubo ambientale per le popolazioni costrette a convivere con le discariche, è ormai in vigore in tutta Europa da più di dieci anni. La direttiva comunitaria del 1999 - recepita nel 2003 dallo Stato italiano - impone che quella parte pericolosa venga resa innocua attraverso l'essicazione e il trattamento biologico. In discarica, in altre parole, ci può finire solo quando il rifiuto umido è trasformato in terriccio inerte.

L'allegra gestione italiana delle discariche aveva potuto godere fino al 6 agosto scorso di un assist dallo stesso ministero per l'ambiente, all'epoca della gestione Prestigiacomo. Il 30 giugno 2009 le regioni avevano ricevuto un'interpretazione decisamente generosa sull'obbligo di trattare i rifiuti: "Riguardo alla trito vagliatura (...) può rispondere ai requisiti della norma comunitaria". In altre parole, scriveva il ministro Stefania Prestigiacomo, basta macinare i sacchetti della spazzatura prima di buttarli nelle buche. Grazie a questa interpretazione tantissimi gestori di discariche - più della metà in Italia, secondo alcune statistiche, con un'alta concentrazione nel Sud - hanno potuto evitare gli investimenti per realizzare gli impianti di trattamento della parte umida dei rifiuti.

Per la Commissione europea questa particolare interpretazione ha infatti violato le direttive sui rifiuti: "Un trattamento che consiste nella mera compressione e triturazione di rifiuti indifferenziati da destinare a discarica - ha scritto Bruxelles al governo di Roma - non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente e i rischi sulla salute umana". Quando i tecnici europei hanno letto la nota del 2009 dell'ex ministro Prestigiacomo hanno immediatamente contestato allo Stato italiano la scelta di "coprire" il mancato trattamento. «In realtà quella circolare è servita soprattutto come pezza d'appoggio per evitare conseguenze penali», commentano oggi dagli uffici del dicastero: «Il ministro Orlando, di fronte alle contestazioni arrivate da Bruxelles, non poteva fare altro che annullare quella interpretazione del passato».

Che cosa accadrà già dai prossimi giorni nessuno lo sa. Al ministero sperano che sia l'occasione per affrontare finalmente il problema: «D'altra parte è da dieci anni che esistono queste norme e tutti hanno fatto finta di nulla. Ora l'unica soluzione è puntare su una vera differenziata, con alte percentuali». Con dieci anni di ritardo.

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