venerdì 25 ottobre 2013

Germania e Italia, due culture di fronte al Datagate

Due atteggiamenti molto diversi di fronte allo scandalo delle intercettazioni USA.

United stasi of america
Ben diverse sono state le reazioni di fronte alla rivelazione che i servizi segreti militari statunitensi monitoravano le conversazioni telefoniche e le email della Merkel e dei politici italiani: molte dure quelle della Merkel e molto soft quelle dei nostri governanti.
Alcuni saranno portati a giustificare questa differenza considerando il diverso peso che hanno le due nazioni.
La Germania, la locomotiva d'Europa, con un premier reduce da elezioni politiche vinte alla grande, è uno dei pochi Paesi occidentali in crescita comePil ed esportazioni: uno Stato solido e con i conti in ordine.

L'Italia è il fanalino di coda dell'Europa: un Pil in continuo e forte calo, un debito pubblico disastroso, un premier ostaggio di una maggioranza appesa alle vicende giudiziarie di Berlusconi, condannato per frode fiscale e rinviato a giudizio per corruzione di parlamentari. Il senso dell'indipendenza e la dignità nazionale variano molto a seconda che tu sia un Paese fortissimo o un Paese debolissimo.
D'altra parte, perché intercettare sistematicamente Berlusconi, o Monti, o Letta? In fondo l'Italia è impegnata al fianco degli USA in Afghanistan, ma anche in Iraq, dove abbiamo istruttori di polizia. E spendiamo un miliardo di euro all'anno in missioni militari.
Se siamo stati intercettati poco, è perché oltre a essere deboli siamo fedeli: siamo il migliore o quasi alleato degli Usa, pronto a scimmiottarne anche i sistemi politici, dal maggioritario al presidenzialismo.
Le intercettazioni ci sono state, perfino quelle inglesi e certamente quelle cinesi, per copiare i nostri segreti industriai (qualcuno ne abbiamo ancora), ma non ci inquietano più di tanto. E' innanzitutto una questione culturale.

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