venerdì 31 gennaio 2014

L’Italia nelle mani di lor signori.

Una legge elettorale peggiore del Porcellum. La “ghigliottina” per zittire il Parlamento. La vergogna del decreto IMU-Banca d’Italia. Un presidente della Repubblica non più super partes. Queste giornate di fine gennaio saranno ricordate come macchie scure nella vicenda del nostro sistema democratico.

micromega di Angelo d’Orsi

Ci lamentavamo di Bersani? Becchiamoci Renzi! Qualcuno annunciava la spaccatura del PD. Fassina e Cuperlo hanno appena aderito a tutto, il giovin Civati tace, mi pare. I bersaniani mordono il freno, forse, ma solo per odio a chi ha fatto cadere il loro ex leader. Gli altri “vecchi” della nomenclatura, attendono tempi migliori, badando a non esporsi troppo, usando parole vuote, ma piene di retorica. Come lo erano quelle che abbiamo udito da parte dei rappresentanti di M5S e dei loro contendenti PD, nelle deprimenti zuffe parlamentari: intendiamoci, che la signora Boldrini debba ora menare scandalo per quel che accade nel consesso da lei presieduto (certo, abbiamo avuto Irene Pivetti presidente, e dunque la Boldrini è una gran donna e una politica straordinaria, ma che pena, la sua retorica al servizio del potere!) suona bizzarro, avendo lei inferto un colpo quasi mortale alla dialettica parlamentare, con il ricorso alla “ghigliottina”, per bloccare il dibattito e far convertire in legge, obtorto collo, il vergognosissimo decreto IMU-Banca d’Italia.
Si era mai visto qualcosa di simile in quell’aula? A mia memoria, no. Mentre la storia parlamentare repubblicana è traboccante di incidenti, anche gravi, comprese ingiurie, colluttazioni e addirittura lanci di oggetti (narrano le cronache parlamentari di un deputato comunista che, negli anni Cinquanta, dopo aver con forza erculea divelto un seggio l’abbia scagliato verso i democristiani). Ma devo dire che di tutte le scenette a cui abbiamo assistito per me la più grottesca è stata il faccia a faccia tra due deputati, un PD e un M5S, che ripetevano, psittacisticamente, insomma, come due pappagalli ammaestrati, frasi senza senso, ossia di repertorio, che ricordavano i famigerati “Capra! Capra! Capra!” e via seguitando dell’orrido Sgarbi nei programmi spazzatura della televisione.

L’iterazione è, come si sa, un espediente cui si ricorre in mancanza di capacità argomentativa: certo, che l’onorevole Speranza, col suo faccino compunto da bravo scolaretto, che ripete con voce tesa al suo contendente il mantra “Voi state ostacolando la democrazia” appariva ridicolo, a dir poco: ma nessuno gli ha spiegato che l’ostruzionismo è una tattica parlamentare alle quali tutte le forze politiche hanno fatto e fanno ricorso? Nessuno gli ha detto che la sinistra è stata, lodevolmente, maestra in tale genere di tattica, per fermare provvedimenti liberticidi, o nemici delle classi popolari?

E che dire della reazione generale di scandalo, perché qualcuno osa dire che Napolitano si sta comportando più da capo di governo che da capo di Stato? Si tratta di una osservazione persino banale, che una gran parte dei commentatori indipendenti tanto in patria quanto all’estero ha avuto modo di fare. L’abbiamo scritto anche noi, di MicroMega, qui, più volte, su questo spazio; e l’ho sostenuto io stesso. E ancora per quanto concerne l’inclita signora Boldrini, sia consentito rilevare che, accanto alle solenni reprimende della certamente indecorosa seduta parlamentare, non ha trovato modo di dire una parola di solidarietà per la collega deputata (forse perché di M5S?) duramente colpita da un energumeno di “Scelta civica”, al quale forse si dovrebbe insegnare un po’ di civismo. Ma più ancora offende il fatto che ella, come del resto il presidente della Repubblica, e il presidente del Senato, si comportino come parte integrante dell’Esecutivo: la giustificazione data dalla Boldrini che il suo stop alla discussione aveva il solo scopo di impedire che “gli italiani” (quali? E in quale misura?), pagassero la seconda rata dell’IMU è una offesa alla decenza. E si potrebbe seguitare.

Stiamo, in sintesi, assistendo alla formazione di un blocco storico, mai visto nella vicenda nazionale, neppure ai tempi bui del fascismo: un blocco che cancella le differenze di ruoli tra le istituzioni (Esecutivo e Legislativo diventano tutt’uno), che elimina le diversità delle opzioni politiche (PD-FI e il resto della minuteria “moderata” ormai vanno verso una identità sostanziale, con leggere sfumature che hanno il mero scopo di preservare una identità ai fini elettorali), che toglie persino il velo alla relazione strettissima tra potentati economico-finanziari e apparati politici.

E ancora: come possiamo ancora distinguere la CGIL (di CISL e UIL manco vale la pena di parlare, tanto appiattiti sono ormai da anni sulle logiche padronali) dalla voce del padrone? Il decreto per la “ricapitalizzazione” della Banca d’Italia, che implica un gigantesco regalo alle grandi banche, è un esempio paradigmatico; come lo è il silenzio ossequiente verso le scellerate scelte “strategiche” di Marchionne e dell’”azionista di riferimento” Fiat (Agnelli-Elkann), che meriterebbero risposte adeguate, e così via, non dimenticando la vicenda degli F35 (appena dichiarati pericolosi e costosi dal Pentagono! Mentre il governo Letta, quello “virtuoso”, persevera nella politica delle commesse alle multinazionali produttrici di questi giocattoli di guerra), o quella del TAV, o del MUOS, eccetera eccetera.

Insomma, un catalogo di orrori che sta facendo toccare con mano quanto fossero esatte le funeste previsioni all’ascesa alla guida del PD del giovane rottamatore, che sta inanellando una vittoria dopo l’altra, nel silenzio complice o inerte degli uni, o nell’adesione convinta o necessitata degli altri. Ma le vittorie di Renzi sono altrettante sconfitte della democrazia. E le giornate di fine gennaio saranno ricordate come macchie scure nella vicenda dello stesso sistema liberal-democratico. E non certo per i chiassosi e spesso rozzi, spessissimo irritanti e ignoranti “grillini”, ma per il delitto perfetto che è stato consumato dai “democratici” Renzi e Letta, sotto la regia di Napolitano, con la benevolenza istituzionale dei presidenti delle Camere, e soprattutto la complicità attiva e interessatissima del riesumato Berlusconi e della sua gang.

Ora non paghi di una legge elettorale che, come è stato notato, è persino peggiore della precedente (il “Porcellum” da tanti vituperato, e ora imitato), e prelude a uno scenario cimiteriale, dove due partitoni indistinguibili, come sovente sono laburisti e conservatori in Gran Bretagna, democratici e repubblicani negli Usa, occuperanno l’intero panorama politico. E questa sarebbe la “moderna democrazia” a cui si vuole arrivare? Ma non basta: una nuova gioiosa macchina da guerra avanza. La guida il piccolo duce, alias Renzi, nello stupefatto balbettio della minoranza interna, nella soddisfazione di chi l’ha votato, stanco dell’immobilismo bersaniano, e, infine, nell’entusiasmo di chi lo chiama “Matteo” e lo acclama come la star da opporre finalmente al Berlusconi, e capace di fermare il “fenomeno Grillo”.

Guadagnato il fortilizio elettorale, con una ultima ignominiosa correzione per impedire che la Lega Nord (un partito che proclama la secessione dall’Italia!) esca dal giro, la macchina marcia verso la Costituzione, che da almeno tre decenni i soloni del “novitismo”, delle “riforme” e della “governabilità”, hanno classificato come “obsoleta”: e in quattro e quattr’otto lo si farà, recando una ferita che non sarà più possibile rimarginare, neppure quando ci si liberasse del Berluscone e del Berluschino. Occorrerà una rivoluzione (si penserà poi all’etichetta), per restituire dignità al Paese e valore alle sue leggi, rinnovando completamente la sua classe dirigente. Ma dietro l’angolo la rivoluzione non si vede: si vedono proteste, jacqueries, ribellioni, uno scontento generale e gigantesco che si traduce anche, per fortuna, in atti di resistenza, che, in realtà numerosissimi e diffusi, hanno il solo torto di non essere coordinati e spesso neppure conosciuti.

Il che vuol dire che davanti a questo sfascio, se si prende atto che l’alternativa tra PD e tutta l’ammucchiata di centrodestra è ormai fasulla, non solo ribellarsi è giusto ma è anche possibile. Lo è perché M5S non rappresenta l’alternativa, e al di là delle simpatie che si possano provare per il movimento, o quanto meno per talune delle sue istanze, o delle idiosincrasie per i due capetti che lo tengono (finora) in pugno, o del fastidio per tanti suoi ridicoli esponenti (basti pensare a Vito Crimi, degno del senatore Razzi imitato dal comico Crozza), ebbene, oggi solo questi ragazzacci stanno provando ad alzare la voce contro lo schifo, anche se poi essi stessi per tanti versi ne sono contaminati. Stanno “facendo ammuina”, certo, ed è poco, e spesso insopportabile nei modi, nelle volgarità, nelle manifestazioni di ignoranza; ma è meglio di nulla. E mentre siamo disgustati di aver sentito il canto di Bella ciao, sulle bocche dei deputati piddini, per difendere il decreto IMU-Bankitalia, certo non ci è piaciuto il “Boia chi molla!”, dei “grillini”, Eppure, come è stato osservato da Alessandro Gilioli: “È davvero notevole lo sforzo con cui il Pd, Forza Italia, Boldrini e Napolitano stanno trasportando verso il Movimento 5 Stelle anche gli italiani meno attratti da Grillo e Casaleggio”.

Ciò malgrado, noi, noi che, schierati da sempre contro il berlusconismo, cancro morale del Paese, noi che non siamo disposti ad andare all’abbraccio con Grillo e Casaleggio, noi che siamo schifati di tutte le scelte del Partito Democratico, noi che siamo delusi di un Vendola rimasto capace di affabulare solo se stesso allo specchio, noi che abbiamo atteso finora invano un gesto serio (di autocritica e di rilancio unitario) da parte dei responsabili della ”vera sinistra” rimasti in posizione perlopiù autoreferenziale, noi che faremo? Ci rifugeremo nell’astensionismo, decidendo di abbandonare le istituzioni nelle grinfie di lorsignori? O addirittura smetteremo di pensare politicamente, rifugiandoci ciascuno nel suo proprio cenobio?

Forse ora, non in attesa di tempi migliori, ma decisi a costruirli, quei tempi, ci tocca, ancora una volta, ricominciare il gramsciano lavorio lungo e tenace, a carattere culturale, ma non soltanto; occorre anche lavorare sul terreno sociale, dando ciascuno il suo modesto contributo per connettere le tante isole di opposizione allo schifo. Un’altra Italia esiste, insomma. E non è così piccola e debole, non ancora. Perciò anche se questa battaglia forse è già perduta, la guerra continua e il combattimento va rilanciato subito, prima che ci schiaccino completamente. E, resistendo allo scoramento, occorre provare ancora una volta a rimettere insieme i pezzi di ciò che sinistra significa o dovrebbe significare, mettendo da parte diffidenze e preclusioni, e sottolineando ciò che deve unire quanti sono contro lorsignori: la situazione è grave, non diamo una mano al nemico.

(31 gennaio 2014)

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