sabato 18 gennaio 2014

PARLA RICHARD STALLMAN: “FACEBOOK? UN GRANDE FRATELLO”.

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A vederlo così sembra un maturo figlio dei fiori, un tranquillo ex hippie americano. Richard Stallman è invece un programmatore, hacker e attivista statunitense molto noto in patria per le sue battaglie in favore della libertà in Rete. E spara a zero su Facebook e Internet in generale. Rilanciando il Free Software. In fondo all'articolo un breve profilo di Stallman a cura della Redazione.

“LE E-MAIL? VIOLANO LA PRIVACY” – “ANCHE LA POLITICA STA METTENDO LE MANI SUL WEB, MA NON NE HA CAPITO L’IMPORTANZA” – “IL FREE SOFTWARE È FONDAMENTALE! SE UN PROGRAMMA HA UN PROPRIETARIO, GLI INDIVIDUI PERDONO IL CONTROLLO DELLA LORO VITA” – E L’IPAD? CHIAMATELO IBAD!…
di Sabina Minardi per “l’Espresso“
Non dev’essere facile, oggi, vivere da Richard Stallman. Quando passi una trentina d’anni a predicare che il software dev’essere libero per ragioni morali, che modificarlo è un diritto, e che se tutto ciò viene negato è la libertà personale stessa ad essere in pericolo, vedere che l’universo delle tecnologie sta andando in un’altra direzione, che il moltiplicarsi di strumenti dotati di programmi proprietari diradano il miraggio della libertà digitale, un certo disagio dovrebbe provocarlo.

Richard Stallman, invece, è quello di sempre: i capelli lunghissimi, la barba ribelle; gli occhi che s’incupiscono per niente. Un’immagine ormai entrata nella leggenda: da pioniere della cultura hacker, da pacifista-ambientalista, vendicatore dei soprusi delle corporation informatiche.


Ha fondato il Free Software Movement, è l’autore di GNU, la licenza per software libero più diffusa al mondo, ha coniato il concetto di “copyleft”, in contrapposizione al copyright. E, da attivista dei diritti umani, promuove la questione del software libero a tema politico: “Poter utilizzare liberamente un programma significa avere la libertà di aiutare le comunità a crescere. Non poterlo fare significa consegnare ad altri la propria libertà”.

A 57 anni, insomma, il radicalismo di Stallman (in Italia per intervenire alla Spring School dei Laboratori di Frascati dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare, con Frascati Scienza), non si è moderato: le aziende informatiche stanno usando tutti gli strumenti a disposizione, fattori razionali come il prezzo o emotivi come nuove estetiche e funzionalità, per condizionare le scelte e imporre prodotti con vincoli proprietari?

Male, letteralmente: come quell’iPad che Stallman chiama sprezzantemente iBad. I social network invadono la privacy? Evitateli. “Io credo in un mondo nel quale il software dia libertà. Chi impedisce il software libero vuole il controllo dell’utente. Voglio vigilare contro le minacce a questa libertà “.
Stallman, a proposito di libertà: ce la farà Internet a preservare la sua?“Il futuro dipende da ciascuno di noi. Internet continuerà a crescere. Ma cresce anche un’ondata contro la libertà. Bisognerà vedere come Russia, Cina, India e Stati Uniti affronteranno i diritti umani: Obama non ha fatto granché per sostenerli”.Dunque, lei è pessimista?“Lo sono per natura. Ma continuo ad avere anche molta passione. Vedo che sempre più paesi praticano la censura. E che crescono le restrizioni anche laddove ci aspetteremmo confini di libertà più estesi di quelli cinesi: la Danimarca, l’Australia…”.C’è chi sostiene che il web 2.0 stia mutando la natura della Rete, determinando un grave appiattimento. Lei che ne pensa?“Qual è la natura di Internet? Ci sono una miriade di siti in cui le persone possono trovare ciò che vogliono. Mi sembra un tema inesistente. E non so realmente cosa significhi web 2.0. Parliamo di Wikipedia? La uso e ho anche dato il mio contributo. Ma non ho altro da aggiungere”.Eppure il dibattito c’è. Jaron Lanier, tra i pionieri di Internet, dice che il web 2.0 sta distruggendo la creatività…“Lanier? Non lo ammiro molto. Mi sembra una questione posta da chi vuole trarre vantaggi economici dalla Rete”.Parliamo anche di social network…“Non ne ho mai visto uno”.Mai visto Facebook?“Non ho tempo, navigo poco. Preferisco leggere. Ho letto di Facebook”.Quindi un’opinione se l’è fatta…“Certo, e ben precisa. Facebook ha dato uno scossone enorme alla privacy: io pubblico delle cose che penso saranno viste solo dai miei amici, che invece possono essere viste anche dagli amici degli amici, e poi dagli amici degli amici degli amici. Bisogna avere la consapevolezza che si stanno rendendo le proprie informazioni pubbliche”.Vede insidie anche in Twitter? “Sì. È difficile esprimere un contenuto in poche parole, e quello che noi scriviamo con leggerezza può essere frainteso e creare problemi. Alcuni sono finiti nei guai usandolo: mandavano messaggi agli amici, la polizia ha pensato che fossero minacce”.Dunque, meglio evitarli?“La gente deve valutare attentamente i siti dei quali può davvero fidarsi e dove può inserire dati. In questi casi ci sono società interessate a fare soldi su di loro”.In che modo?“Il pericolo più grosso è rappresentato da servizi secondari: presumo che entrino nel pc e comunque non sono più sotto il tuo controllo. Stai giocando? Ti chiedono l’e-mail. Facebook è l’occhio del Grande Fratello. È un’intrusione nella vita privata senza che la gente se ne renda conto”.È vero che lei non ha il telefonino?“C’è un telefono nel mio ufficio, perché dovrei averne un altro? Non voglio con me dispositivi che mi rendano rintracciabile ovunque, in qualunque momento”.Lo ammetta: è un discorso da privilegiato.“Non vedo perché. Anche lei può liberarsene quando vuole. Può farlo ora, in questo momento. E se mi chiedesse: ci possiamo fidare delle società che gestiscono le e-mail? Le risponderei: probabilmente no”.La politica sta usando Internet per accrescere il suo potere: Berlusconi va su Facebook, Obama e Sarkozy hanno siti, in Gran Bretagna la Rete ha pesato sulle elezioni. C’è un pericolo in questa occupazione di terreno?“Da tempo la politica sta cercando di mettere le mani sulla Rete: potrebbe utilizzarla per conoscere i desideri della gente e indirizzare le sue scelte. Invece, non ne ha capito del tutto l’importanza. I governi si preoccupano di regolamentare Internet, ma è folle la sola idea che si possa controllare tutto. C’è chi ha proposto una tassa sullo sharing: sarebbe un attacco alla condivisione delle informazioni. E all’intera società.Perché è così importante condividere?“Per ragioni ideali: io credo in un mondo nel quale il software dia agli individui la libertà di scegliere ciò che è più utile, e alle comunità la possibilità di crescere. Tutto ciò che produce effetti pratici sulla vita delle persone dovrebbe essere libero. Un software è come una ricetta: se un piatto piace, un amico te la chiederà. E la passerà a un altro. Che magari aggiungerà un ingrediente, la migliorerà. Immagini che lo Stato promulghi una legge per dire che chiunque copi la ricetta rischia l’arresto. Che cosa succederebbe?”.È l’idea alla base del Free Software.“È fondamentale: la società ha bisogno di libertà. Quando un programma ha un proprietario, gli individui perdono il controllo della loro stessa vita”.
 

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Richard Matthew Stallman (New York, 16 marzo 1953) è un programmatore, hacker e attivista statunitense.

È uno dei principali esponenti del movimento del software libero. Nel settembre del 1983 diede avvio al progetto GNU con l'intento di creare un sistema operativo simile a Unix ma libero: da ciò prese vita il movimento del software libero. Nell'ottobre del 1985 fondò la Free Software Foundation (FSF). Fu il pioniere del concetto di copyleft (contrapposto a copyright) ed è il principale autore di molte licenze copyleft, compresa la GNU General Public License (GPL), la licenza per software libero più diffusa.
Dalla metà degli anni novanta spende molto del suo tempo sostenendo il software libero e promuovendo campagne contro i software proprietari e ciò che a lui sembra una eccessiva estensione delle leggi su copyright. Stallman ha anche sviluppato molti software ampiamente usati: Emacs, la GNU Compiler Collection e lo GNU Debugger.

A proposito del termine hacker, usato quasi sempre in Italia con accezione negativa, va detto che in realtà gli hacker (termine coniato negli Stati Uniti che si può rendere in italiano con 'smanettone', e che da noi si applica soprattutto a chi si muove con molta disinvoltura nella materia informatica) sono persone che si impegnano nell'affrontare sfide intellettuali per aggirare o superare creativamente le limitazioni che vengono loro imposte, non limitatamente ai loro ambiti d'interesse (che di solito comprendono l'informatica o l'ingegneria elettronica), ma in tutti gli aspetti della loro vita.
Esiste un luogo comune, usato soprattutto dai mass media (a partire dagli anni ottanta), per cui il termine hacker viene associato ai criminali informatici, la cui definizione corretta è, invece, "cracker".

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