ROMA - Gli assedianti sono sulle mura, ma Renzi difende il castello costruito insieme al Cavaliere. Soprattutto contro le preferenze, la testa d’ariete che i nemici dell’Italicum — dalla sinistra del Pd ai piccoli partiti — vogliono utilizzare per aprirsi un varco e far crollare l’intesa.

Le preferenze non fanno parte dell’accordo votato anche in direzione: nessuno spazio per iniziative non concordate », ammonisce il segretario nei suoi colloqui riservati in vista della riunione di oggi dei membri democrats della commissione affari costituzionali. Insomma, l’apertura di Enrico Letta sulle preferenze viene sonoramente bocciata. Ma su ventuno componenti i renziani sono soltanto otto, quindi l’esito del vertice — in cui si dovranno discutere eventuali emendamenti da presentare domani in commissione — non è affatto scontato. La minoranza è infatti sul piede di guerra e non intende mollare.
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Convinti di farcela, grazie alla sponda con Ncd, Sel e Scelta Civica, i bersaniani stanno preparando tre emendamenti che puntano tutti a far saltare le liste bloccate: preferenze, collegi uninominali, primarie obbligatorie per legge. Ma il muro eretto da Renzi è per ora invalicabile.
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Il segretario, con una serie di tweet, ieri ha aperto soltanto alla possibilità di eliminare il divieto di candidature multiple.
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In effetti, parlando con gli sherpa che per il Pd e Forza Italia stanno seguendo la partita, questa piccola concessione per sbloccare un po’ le liste (e tutelare i leader a rischio) potrebbe passare. Come pure, alla fine del negoziato, non si esclude che lo sbarramento al 5% per chi si coalizza possa scendere al 4% o che la soglia per accedere al premio di maggioranza possa salire verso il 37-38 per cento.