martedì 25 febbraio 2014

Francia. Aziende trasferite, Parigi alza il muro.

Passa la legge anti-delocalizzazione. Chi lascia la Francia rischia sanzioni. La destra ricorre alla Consulta.

  repubblica.it

Aziende trasferite, Parigi alza il muroPARIGI - Alla fine è tutta colpa, o è tutto merito, di Lakshmi Mittal, il magnate indiano contro cui governo e sindacati si sono inutilmente battuti per evitare la chiusura del polo siderurgico di Florange, nel nordest del Paese. Una vertenza che è andata avanti per mesi, senza riuscire ad evitare l'esito scontato. Il re dell'acciaio ha vinto: gli altiforni sono stati chiusi un anno fa, a casa gli oltre 600 dipendenti, ennesimo lutto industriale in una Francia che pesa sempre meno nel settore secondario. L'umiliazione politica della gauche al governo ha portato però alla proposta di una riforma votata ieri dal Parlamento, la cosiddetta "legge Florange", chiamata anche legge anti-delocalizzazioni.

L'obiettivo politico della riforma è vietare ai gruppi industriali la chiusura selvagge di fabbriche, magari per migrare in altre, più convenienti località. Era una delle promesse elettorali di François Hollande, nello spirito della tradizione di dirigismo statale ereditata da Colbert che però appare quanto mai superata in un'economia globalizzata.

Dopo le proteste del Medef, la Confindustria francese, il governo ha già dovuto riscrivere più volte la legge, rendendola più blanda. Nel testo approvato ieri il famoso divieto di delocalizzazioni si riduce all'obbligo per gli imprenditori con più di mille dipendenti di ricercare un acquirente per continuare a garantire la produzione. Proprio nel caso di Florange, infatti, Mittal ha rifiutato ogni ipotesi di cessione,
non volendo favorire eventuali concorrenti. Le aziende che non vorranno adeguarsi potranno essere punite con una multa, non superiore al 2% del fatturato, e dovranno restituire gli aiuti statali percepiti negli ultimi due anni. Una riforma che scontenta tutti. Secondo i sindacati, le nuove regole non impediranno davvero i piani di chiusura o le delocalizzazioni che per l'85% riguardano imprese con meno di mille dipendenti. Molti giuristi sostengono che eventuali battaglie legali sono destinate a fallire. La destra ha già annunciato un ricorso alla Consulta per violazione della libertà d'impresa e del diritto alla proprietà. Ma il governo socialista ha voluto lanciare un segnale di protezione dei lavoratori, per quanto velleitario. "Il capitalismo può essere senza fede, ma non senza legge", ha detto la deputata Clotilde Valter, relatrice in Parlamento. 

Negli ultimi tre anni oltre un migliaio di fabbriche francesi hanno chiuso o delocalizzato. Il deficit commerciale del Paese è passato in negativo, fino a un rosso di 32,9 miliardi. Il settore manifatturiero rappresenta ormai solo il 13% del Pil francese, rispetto al 19,7% del 1998. Sotto accusa un costo del lavoro che è aumentato del 10% negli ultimi dodici anni, mentre è diminuito in Germania del 6% nello stesso periodo. Il Medef sostiene che la "legge Florange" non risolverà la crisi industriale del Paese ma anzi scoraggerà ancor di più nuovi investimenti stranieri (crollati del 77% l'anno scorso). Proprio qualche giorno fa, Hollande ha invitato all'Eliseo una trentina di multinazionali, da Nestlè a Samsung, da Volvo a General Electric, per convincerle a investire in Francia. Un'operazione seduzione tutt'altro che riuscita, visto lo scetticismo delle imprese straniere nei confronti del protezionismo francese e dall'alta pressione fiscale. Il Presidente socialista ha annunciato un mese fa un ambizioso Patto di responsabilità: sgravi contributivi per oltre 30 miliardi  nei prossimi quattro anni in cambio di assunzioni. L'estrema sinistra accusa il leader della gauche di aver tradito i lavoratori e di essere diventato l'amico delle imprese. La legge anti-delocalizzazioni potrebbe risolversi in una mossa tutta politica e di  facciata, difficile da realizzare nei fatti.  

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