martedì 25 febbraio 2014

Libro. “Cronache da un manicomio criminale”, di Dario Stefano Dell’Aquila e Antonio Esposito (edizioni Dell’Asino, euro 12,00).


Libri & Conflitti. La recensione di CRONACHE DA UN MANICOMIO CRIMINALE.

controlacrisi.org carlo d'andreis
Un testo necessario “Cronache da un manicomio criminale”, di Dario Stefano Dell’Aquila e Antonio Esposito (edizioni Dell’Asino, euro 12,00), con prefazione di Assunta Signorelli che racconta le condizioni degli Opg (Ospedale psichiatrico giudiziario) nella prima metà degli anni settanta, proprio mentre si discuteva della legge Basaglia, la numero 180 del 13 maggio 1978.
La narrazione è centrata sulla testimonianza-denuncia (e per la prima volta trascritta in versione integrale), di Aldo Trivini, detenuto dal ’72 al ’74 nell’Opg di Aversa; a conferma e integrazione di questa testimonianza ne sono riportate altre di diversi detenuti dello stesso Opg. Hanno scelto di parlare “perché sono ingiustizie, cose disumane ed è giusto che si sappiano”, detto con le parole di C.G. di Benevento.
L’istituto è famoso per avere ospitato detenuti di cui la cronaca nera si è occupata molto, come Giovanni Passannante (“l’anarchico che attentò senza esito la vita di Umberto I”), la contessa Pia Bellentanie e nel periodo in questione Raffaele Cutolo (che evase corrompendo alcuni agenti).
È grazie alla testimonianza di Aldo Trivini e all’impegno di associazioni come Soccorso rosso, Medicina democratica e Psichiatria democratica se è stato possibile fare un po’ di luce su ciò che accadeva oltre le porte di una “istituzione totale”, quella dei manicomi criminali; per loro natura sono stati e sono veri e propri luoghi dell’orrore, dove i pazienti-detenuti sono trattati come – e peggio – di animali. Costretti persino a subire violenze fisiche e psicologiche da parte dei loro carcerieri. Sono luoghi dove le condizioni igieniche sanitarie, così come il cibo, sono disgustose e l’unica terapia consiste nella costrizione fisica con i letti di contenzione combinata a quella farmacologica dei calmanti.
Il libro è arricchito da preziosi compendi di autori che ci fanno comprendere il contesto sanitario e l’aspetto legislativo di queste strutture dove si confonde la terapia alla custodia, la malattia alla giustizia, dove “Lo spazio chiuso dell’internamento manicomiale non ha altro esito possibile che quello di una violenza, più o meno evidente, verso ciò che custodisce”.
Come si apprende dalle conclusioni, i vari rapporti delle commissioni europee e parlamentari ci dicono che, i raccapriccianti fatti raccontati dal Trivini si ripetono ancora oggi.
Questo libro “va ben oltre l’esigenza, in ogni caso fondamentale, di fare memoria”. Si tratta di un testo di conoscenza e analisi per tenere alta l’attenzione su uomini e donne spesso incapaci di reclamare i propri diritti.
Efficace la scelta dichiarata degli autori di una trascrizione delle testimonianze nel loro linguaggio originale con l’obiettivo di restituire in modo più efficace la crudeltà di quei posti rispetto al linguaggio diplomatico e tecnico delle relazioni e dei trattati scientifici.

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