mercoledì 24 giugno 2015

Fronte di sinistra sociale, è ora, facciamolo!

Fonte: Il ManifestoAutore: Giorgio Airaudo, Giulio Marcon
Sono maturi i tempi per la costru­zione di una coa­li­zione poli­tica nuova, capace di por­tare anche in Ita­lia la spinta di demo­cra­zia, par­te­ci­pa­zione e cam­bia­mento spe­ri­men­tata in Gre­cia con Syriza, in Spa­gna con Pode­mos, in Tur­chia con l’HDP.

La crisi eco­no­mica non si atte­nua (oltre 3 milioni di disoc­cu­pati, 6 milioni di poveri, un milione di cas­sin­te­grati), le disu­gua­glianze sono dram­ma­ti­che, le «guerre tra poveri» – oggi con­tro gli eri­trei che chie­dono asilo in Europa – si mol­ti­pli­cano. Come risponde la poli­tica? Con l’irreversibile sci­vo­la­mento a destra del Pd, con la deriva raz­zi­sta della Lega, con la reto­rica popu­li­sta dei Cin­que stelle, inca­paci di capire quando ci sono oppor­tu­nità di cam­bia­mento, come nel caso del bal­lot­tag­gio tra Cas­son e Bru­gnaro a Venezia.
E così cre­sce un peri­co­loso asten­sio­ni­smo, si svuota la par­te­ci­pa­zione, aumen­tano le soli­tu­dini e le paure, si sna­tura la demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva, sem­pre più pri­gio­niera di oli­gar­chie e comi­tati elet­to­rali: una demo­cra­zia senza popolo.
In Gre­cia governa Syryza, a Madrid e Bar­cel­lona governa Pode­mos; in Ita­lia lo spa­zio poli­tico dell’alternativa è pri­gio­niero dell’attendismo, del poli­ti­ci­smo auto­le­sio­ni­sta, delle com­pe­ti­zioni per la leadership.
È par­tita invece, in Ita­lia, la Coa­li­zione Sociale, un’aggregazione impor­tante delle orga­niz­za­zioni sociali e sin­da­cali che sono in prima fila per difen­dere i diritti e la demo­cra­zia sul lavoro e nella società. È un con­tri­buto impor­tante anche per rico­struire lo spa­zio di una sini­stra che o è sociale o non è. Un’esperienza, che deve man­te­nere la sua auto­no­mia sociale e che sfida il movi­mento sin­da­cale — a par­tire dalla Cgil.
Accanto alla Coa­li­zione Sociale c’è l’esigenza di una rap­pre­sen­tanza poli­tica, di una coa­li­zione poli­tica – in una nostra pro­po­sta di qual­che mese fa l’avevamo chia­mata «Fronte pop» — che dia rap­pre­sen­tanza alla domanda di cam­bia­mento, par­te­ci­pa­zione e sog­get­ti­vità che emerge dalla pra­ti­che sociali nei ter­ri­tori e che è ormai forte nel paese.
Non solo è pos­si­bile, ma si deve fare. Evi­tando ren­dite di posi­zione, ostra­ci­smi, chiu­sure iden­ti­ta­rie, osses­sioni per chi avrà la lea­der­ship o per pro­porsi in sca­letta per il pros­simo talk show.
Non si può restare fermi come in que­sti anni. Ser­vono passi avanti: verso uno spa­zio poli­tico dove tutti con­tino nello stesso modo — una testa, un voto — e dove siano deter­mi­nanti i con­te­nuti e le forme di par­te­ci­pa­zione e di orga­niz­za­zione stabile.
Una testa, un voto . Si tratta di evi­tare le ren­dite di posi­zione e il mono­po­lio orga­niz­za­tivo dei sog­getti esi­stenti, met­tendo al cen­tro la demo­cra­zia par­te­ci­pata, il coin­vol­gi­mento di tutti, un dibat­tito poli­tico tra­spa­rente.
Le forze esi­stenti non sono da rot­ta­mare, ma con un gesto di gene­ro­sità, già annun­ciato da quasi tutti, pos­sono fare un passo indie­tro ed essere un ele­mento impor­tante per dare gambe a que­sto pro­cesso — che non può essere solo il risul­tato dell’accordo di leader.
Al cen­tro devono esserci le per­sone, le forme nuove e par­te­ci­pate di una poli­tica dif­fusa e plu­rale di movi­menti, asso­cia­zioni, cam­pa­gne, le espe­rienze elet­to­rali di liste uni­ta­rie spe­ri­men­tate in alcune ele­zioni locali. E dob­biamo coin­vol­gere molte forze che sono ancora in attesa: pen­siamo a una parte impor­tante del mondo cat­to­lico, a quello delle pra­ti­che sociali e del volon­ta­riato, all’arcipelago verde e ambien­ta­li­sta, ai movi­menti pacifisti.
I con­te­nuti . L’opposizione al Jobs Act, alla buona scuola, alla legge elet­to­rale è un natu­rale punto di partenza.
Per mobi­li­tare le ener­gie di tutti, per costuire un pro­getto alter­na­tivo, se oppor­tuno anche con una cam­pa­gna refe­ren­da­ria — a patto che que­sta parta dai sog­getti (stu­denti, inse­gnanti, sin­da­cato, ecc.) che ne incar­nano i temi e le bat­ta­glie e non da ope­ra­zioni dall’alto den­tro lo schie­ra­mento poli­tico. E poi c’è la fine dell’austerità, una poli­tica per offrire a tutti un lavoro e per garan­tire a tutti un red­dito minimo, un’Europa diversa che sostenga il cam­bia­mento chie­sto dalla Gre­cia, anzi­ché spin­gerla ai mar­gini dall’Unione, una poli­tica che prenda dav­vero sul serio – come ci avverte ora l’enciclica di Papa Fran­ce­sco – l’impegno per evi­tare il cam­bia­mento cli­ma­tico, una poli­tica di pace che risolva i con­flitti, apra pos­si­bi­lità di svi­luppo in Africa e Medio Oriente, evi­tando il dramma dei rifu­giati e dei migranti.
Le forme . Tra il popu­li­smo gril­lino e le derive della poli­tica (incluse quelle delin­quen­ziali e affa­ri­sti­che) che la cro­naca giu­di­zia­ria ci pre­senta ogni giorno c’è una alter­na­tiva di pra­ti­che con­crete: potremmo intro­durre l’incompatibilità tra cari­che di par­tito e cari­che elet­tive nelle isti­tu­zioni; il limite dei due man­dati elet­to­rali; una legge sui par­titi in attua­zione dell’articolo 49 della Costi­tu­zione; nuovi spazi –anche nor­ma­tivi– di demo­cra­zia diretta e par­te­ci­pata (refe­ren­dum, pro­po­ste di legge di ini­zia­tiva popo­lare, petizioni).
Ma ci serve, ora, soprat­tutto un’organizzazione : aperta, inclu­siva, capace di costruire iden­tità col­let­tive, impe­gno con­ti­nua­tivo, pre­senza sociale e pro­po­ste politiche.
È neces­sa­rio dare un con­tri­buto a que­sto pro­cesso, a par­tire dai con­te­nuti, dalle idee, dal con­fronto. Un con­tri­buto ad una discus­sione col­let­tiva che serva a fare un passo in avanti, rapi­da­mente, nella costru­zione di un sog­getto poli­tico del cam­bia­mento, del lavoro, dei diritti, ambien­ta­li­sta e pacifista.
È ora, facciamolo!

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