venerdì 22 gennaio 2016

Libro "Salute e bugie" (Chiarelettere. )L'omeopatia non fa miracoli.

"Prescrivere una terapia anche se non è efficace, anche se è priva di principio attivo, come nel caso dell'omeopatia, è dire una bugia al paziente". Intervista a Salvo di Grazia, medico chirurgo, autore del libro "Salute e bugie" (Chiarelettere) e curatore di MedBunker, blog molto seguito che si occupa di “medicina, scienza, ciarlataneria”.



micromega di Federico Tulli
«C'è chi giura sugli effetti curativi del farmaco omeopatico e io ci credo, mi fido. Però penso che il consumatore non dovrebbe essere bombardato da pubblicità ingannevole. So che questa è un'utopia, ma so anche che il prodotto omeopatico è zucchero puro. Non dire questo al paziente e giocare con le parole, tra “farmaco” e “medicinale”, non è corretto». Di recente la rivista Nature ha inserito l'omeopatia in una speciale classifica dei nove falsi miti “medici” duri a morire, contribuendo ad alimentare una polemica anche essa dura a morire che non coinvolge solo la comunità scientifica internazionale. Basta farsi un giro su internet tra i social più in voga. Con il professor Salvo di Grazia, medico chirurgo, autore del libro "Salute e bugie" (Chiarelettere) e curatore del blog MedBunker, entriamo nel dibattito per chiarire alcuni punti fermi. Un dibattito rovente, nel quale non esistono posizioni sfumate. Da una parte c'è la scienza, dall'altra no. Molto simile in questo alla contrapposizione dialettica tra chi è convinto che i vaccini causino l'autismo (un altro dei nove falsi miti indicati da Nature) e chi, dati scientifici alla mano, dimostra che questa credenza è nata sulla scorta di uno studio poi smentito, perché i dati erano stati contraffatti dall'autore.

«Possiamo fare tante considerazioni filosofiche - racconta Di Grazia - sul fatto che l'omeopatia curerebbe più e meglio il paziente nella sua totalità perché il medico omeopata gli dedica più tempo e rapporto dei suoi colleghi “tradizionali”, tuttavia, per semplificare, va detto che l'omeopata vende fondamentalmente zucchero. Quindi non c'è una base scientifica dietro a questo rapporto e la teoria che è alla base dell'omeopatia manca di plausibilità. Non possiamo pretendere di cercare un effetto terapeutico nei granuli di zucchero». In difesa dell'omeopatia spesso si sente invocare “l'effetto placebo” del medicinale. Sperimentazioni cliniche specie nel campo della medicina della mente sembrano confermare la possibilità che in alcuni soggetti un finto psicofarmaco determini una reazione positiva.

«Questo dibattito è molto vivo - osserva Di Grazia -. La mia opinione è soprattutto di natura etica. Prescrivere una terapia anche se non è efficace, anche se è priva di principio attivo, è dire una bugia al paziente. Di contro c'è chi sostiene che è una bugia detta a fin di bene: se, invece di dare psicofarmaci o farmaci pesanti a una persona in stato di ansia, viene prescritto un rimedio omeopatico che fa stare meglio questa persona, in fondo si è ottenuto lo stesso un risultato. Questa è la logica». Una logica che, in questo caso, non considera che i farmaci potrebbero essere lo stesso evitati ricorrendo a una valida psicoterapia.

«Infatti si potrebbe ricorrere a un altro tipo di terapia. Ma quello che secondo me è inaccettabile è sostenere di somministrare un farmaco finto a fin di bene. In questo modo chiunque potrebbe “pensare” di essere un medico e dispensare prescrizioni omeopatiche per il solo fatto di essere convinto che una zolletta di zucchero è terapeutica. In fondo lo fa a fin di bene. Può pure trattarsi di una azione motivata dalle migliori intenzioni ma non è così che si può ragionare in medicina».

L'aspetto etico in omeopatia è centrale secondo l'autore di "Salute e bugie". «A prescindere dagli effetti che non sono scientificamente dimostrati c'è questo gesto di dare a un paziente qualcosa - zucchero - come se fosse un farmaco. E sottolineo “come”, perché un farmaco non è. Non è una terapia. Quando io preparo un paziente all'intervento chirurgico lo devo informare dei rischi e delle possibilità di riuscita. Devo dire la verità. E il paziente decide se affrontare il rischio. Questa è deontologia medica che fa parte delle regole di base della medicina. Poi si può anche dibattere sull'effetto placebo: fino a che punto si può usare, fino a che punto è giusto. Ma se io dico a un paziente che una pillola funziona sapendo che non c'è nulla che lo confermi, viene meno l'etica, la deontologia, la correttezza nei suoi confronti». È un rapporto terapeutico fondato su una falsa fiducia. «Il discorso sarebbe diverso e accettabile se l'omeopata informasse il paziente di quel che sa. E cioè che il prodotto omeopatico è zucchero e privo di principio attivo. Non ci sarebbe nulla da eccepire dal punto di vista etico. Ma è chiaro che non può farlo perché in questo modo l'omeopatia perderebbe tutto il suo effetto magico».

In Italia si stima che circa 5 milioni di persone abbiano fatto ricorso almeno una volta a rimedi omeopatici. Il giro d'affari è valutato intorno ai 300mln di euro l'anno. La legge che regola il commercio degli omeopatici stabilisce che sul bugiardino deve “essere stampigliata in modo visibile” che non vi è “evidenza scientificamente provata dell’efficacia del medicinale omeopatico”. Inoltre possono essere venduti solo in farmacia su prescrizione medica o su indicazione del farmacista, ed è permessa la deducibilità fiscale del loro costo ma non il rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale. L'impressione è che sia una norma piena di contraddizioni che non contribuisce a chiarire il punto chiave della (presunta) efficacia degli omeopatici.

«In farmacia ci sono tantissimi prodotti e sostanze che in realtà non hanno alcuna funzione terapeutica che vengono presentati come se fossero miracolosi», osserva Di Grazia. «Mi riferisco per esempio agli integratori. Per la dieta, per la calvizie e così via. Tutto ha un integratore adatto all'occasione. Anche l'omeopatico viene venduto sotto forma di medicinale ma in realtà non lo è. E la questione rientra nel dibattito medico perché l'omeopatia nelle mani del farmacista assume una certa dignità. Tuttavia penso che forse le contraddizioni vadano risolte più dalpunto di vista commerciale che scientifico. In alcuni Stati Ue la vendita degli omeopatici è regolamentata, in altri è libera. Da noi si sta discutendo se autorizzarla anche nelle para farmacie. Sul fatto che sia una fonte di reddito per i farmacisti c'è invece poco da discutere».

(21 gennaio 2016)

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