sabato 27 febbraio 2016

Giulio Regeni, pm di Roma: ucciso da professionisti della tortura per motivi legati al suo lavoro di ricerca.

La Procura capitolina ha chiesto informazioni e password alle aziende responsabili dei social network con cui il ricercatore teneva i contatti, ma finora non sono arrivate risposte ufficiali. In particolare si punta ad cquisire i dati relativi ai dispositivi gps collegati al telefono cellulare (mai trovato dopo la scomparsa del giovane ndr) attraverso i social.

Giulio Regeni, pm di Roma: ucciso da professionisti della tortura per motivi legati al suo lavoro di ricerca

Giulio Regeni frequentava persone del mondo universitario, non faceva uso di droghe, conduceva una vita piuttosto ritirata, non aveva rapporti con i servizi segreti italiani o stranieri. Tradotto: non era una spia. Una certezza che, secondo l’indagine della Procura di Roma, va a braccetto con un altro dato di fatto: chi ha ucciso il ricercatore friulano è un professionista della tortura. Altro che incidente stradale, rapina o ipotesi poco verosimili che continuano a sostenere le autorità del Cairo. Per i pm capitolini ci sono pochi dubbi: il 28enne è stato ammazzato per motivi legati al suo lavoro di ricerca. Esclusi, da quanto emerso sinora, altri moventi. Ad agire, poi, non può essere stata quella che dall’Egitto hanno evasivamente bollato come criminalità comune: gli autori materiali di sevizie e crudeltà sono esperti di tali pratiche. Due punti fermi che però non eliminano i tanti, troppi dubbi sulla vicenda. Uno su tutti: se Regeni è stato torturato e ucciso per ciò che studiava – si chiedono gli inquirenti italiani – perché chi l’ha preso non ha fatto sparire né manomesso il suo computer? In tal senso, dai primi accertamenti sul pc del giovane non è emerso nulla sul fatto che lui raccogliesse informazioni se non per il dottorato, né che queste informazioni venissero usate altrove.

Il lavoro dei pm romani, ora, punta ad avere più dettagli possibili sulla vita privata del ricercatore. In tal senso la Procura di Roma ha attivato da tempo una richiesta di informazioni, e password, alle aziende responsabili dei social network con cui Giulio Regeni teneva i contatti, ma finora non sono arrivate risposte ufficiali. Attraverso gli accessi, chi indaga potrebbe avere ulteriori notizie sull’attività di Giulio e le relazioni che intratteneva in Egitto e altrove. In particolare è di fondamentale importanza acquisire i dati relativi ai dispositivi gps collegati al telefono cellulare (mai trovato dopo la scomparsa del giovane ndr) attraverso i social. Intanto è atteso per lunedì prossimo il deposito della relazione di 300 pagine affidata al perito Vittorio Fineschi, che ha fatto l’autopsia di Regeni una volta che la salma era stata riportata in Italia a pochi giorni dalla scoperta del delitto.

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