domenica 29 maggio 2016

Libro. Lamberto Maffei in Elogio della ribellione. Un cervello troppo connesso è solo. Ribellarsi è la salvezza.

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Giuseppe Fantasia Giornalista
 
Ci sono tante, troppe, persone che hanno poco da dire, ma che, essendo potenti e avendo a disposizione i mezzi di comunicazione, comunicano di continuo creando confusione e rumore (usato per nascondere la banalità del messaggio o la sua falsità), come ce ne sono tante altre (la minoranza) che avrebbero molte cose da dire, ma non hanno la possibilità di farlo perché non hanno i mezzi e il loro silenzio può essere quindi solo un messaggio che si diffonde per le vie di un mo(n)do di sentire comune.
Fatto sta che ognuno di noi - chi più chi meno - comunica e lo fa in qualsiasi modo, che sia uno smartphone o un portatile o entrambi, ma il problema è che alla fine si ha come l'impressione di comunicare nel deserto, dove è vero che la voce si propaga indisturbata, ma la stessa viene anche spazzata via dal vento perdendosi nelle orecchie sorde della sabbia.
"Delle volte mi capita di pensare che questo essere vicini a tutti e a tutto abbia distrutto o danneggiato la meraviglia del nuovo, dell'incontro e quando si perde il dono della meraviglia si diventa poveri, forse disperati, e ci si domanda quale sia il senso del nostro viaggio terreno deprivato dal desiderio di esplorazione".
Lo scrive Lamberto Maffei in Elogio della ribellione, il suo ultimo saggio pubblicato dalla casa editrice Il Mulino.
Secondo l'autorevole scrittore, già professore emerito di Neurobiologia alla Normale di Pisa e attuale vicepresidente dell'Accademia dei Lincei, sono state la tecnologia e la globalizzazione ad aver creato la solitudine, a sua volta causata da un eccesso di stimoli, da una saturazione di tutti i ricettori (soprattutto quelli uditivi e visivi) che inducono un'attività frenetica del cervello, togliendo a loro volta spazio alla riflessione fino quasi a impedire la libertà del pensiero. La solitudine che si è venuta a creare è un paradosso della solitudine stessa: "è la solitudine di un cervello che, solo in una stanza, invia e riceve notizie unicamente attraverso messaggeri strumentali informatici, ma spesso ha perso il contatto affettivo con gli altri".
I giovani, fa notare Maffei -che con Il Mulino ha pubblicato anche altri de saggi, come La libertà di essere diversi ed Elogio della lentezza - hanno un cervello troppo connesso e questo non è sempre un bene, perché è un cervello solo e che rischia di continuo di perder egli stimoli fisiologici dell'ambiente e della vita che li circonda. Quella che si è venuta a creare, poi, è anche un'altra solitudine, in base alla quale i ricettore con l'esterno risultano cronicamente poco stimolati (si pensi agli anziani ridotti a vita solitaria), causando minore attività cerebrale e povertà di funzionamento del cervello.
"Il linguaggio dell'informatica proprio dei figli, ha reso difficile anche il colloquio in famiglia (quando esiste) e tutta questa solitudine può essere anche la causa di depressione o di altri tipi di demenza senile".

Le parole, aggiunge l'autore dando ragione a Voltaire, sono state date all'uomo per ingannare se sesso e gli altri e l'ingannare il prossimo "è forse uno dei giochi più impegnativi dell'intelligenza". Più genuina e veritiera può essere solo la lingua dei segni perché i sordomuti non riescono a nascondere le emozioni e le bugie. Anche i mezzi di comunicazione, inventati dall'uomo - da lui definiti "una nuova categoria di prostitute" - possono ingannare il prossimo e più ci sarà il progresso delle comunicazioni, più aumenteranno le possibilità di essere ingannato. Nel piccolo saggio, ricco di informazioni, citazioni e rimandi a testi e a personaggi dell'antica Grecia, Maffei riflette poi anche sulla rete delle comunicazioni che per lui sono un grande ragno che raggiunge gli uomini nelle varie parti del mondo con la sua tela, divenendo così concausa importante del fenomeno della globalizzazione. La rete c'è ed "è utilissima", ma solo quando aumenta il comunicare di coloro che hanno pensieri o informazioni utili. A tesserla, è quel ragno (delle comunicazioni) che ha tra le caratteristiche la velocità e la facilità dell'uso del mezzo come la semplificazione del linguaggio. La tecnologia moderna ha i suoi pregi, di questo Maffei non ha dubbi, e apprezza quegli strumenti che ci vengono offerti e che permettono soluzioni o facilitazioni per la nostra vita quotidiana.
Segue poi un intero capitolo dedicato al denaro che non va sempre d'accordo con la felicità, ma quest'ultima, precisa, "è una variabile del censo" e nel ricordare poi il mito della divinità egizia Theuth - che si presentò al re d'Egitto Thamus per presentargli l'invenzione della scrittura, che proprio secondo il sovrano portava conoscenza e non sapienza - ricorda il compito della scuola che è quello della formazione, cioè nell'insegnare ad avere le proprie opinioni e un cervello critico piuttosto che ripetere passivamente le opinioni degli altri.
"La scuola - scrive - deve mirare alla sapienza più che alla conoscenza, alla formazione più che all'informazione". L'obiettivo è quello di creare dei cittadini critici che non ascoltino passivamente i messaggi ingannevoli dei mercanti e dei politici di carriera e che imparino che ubbidire può essere una forma di pigrizia come di vigliaccheria. Avere un cervello critico e la conoscenza, è fondamentale, dunque, per realizzare una società più giusta dove i cittadini possano godere di una libertà di espressione e di comportamento. La libertà di ognuno di noi finisce dove inizia quella degli altri, questo è vero, ma come ci fa notare Maffei, è necessario anche che la libertà abbia la sua base nella conoscenza di sé stessi e degli altri. Questa seconda regola, assieme alla prima, è alla base dell'etica, perché ognuno di noi è qualcuno, ha la propria identità, il proprio colore della pelle e la propria storia personale, ma da solo non è nessuno. Teniamolo bene a mente.

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