martedì 26 luglio 2016

A proposito di "merito", "meritocrazia" e altre parole al vento. Pavia, supera il test ma lo annullano perché è difficile. Concorso da rifare.


Alla selezione per un posto nell’Asl si sfidano in 64. L’unica idonea non viene presa: «Prova troppo complessa, da rifare». Lei fa ricorso: si vuole favorire qualcuno.

 

corriere.it Luigi Ferrarella

Troppo brava per essere assunta, così la prossima volta impara a rispondere esattamente alle domande «troppo difficili». Su 64 candidati è l’unica giudicata «idonea» dalle prove d’esame per un posto di coadiutore amministrativo da assegnare al Dipartimento Prevenzione Veterinaria, quindi vince il concorso pubblico bandito dall’azienda sanitaria locale di Pavia: ma non viene assunta perché appunto l’«Azienda Tutela Salute» pavese annulla il concorso, e ordina di farne uno nuovo, con il surreale e postumo argomento che le domande sarebbero state «viziate» da «eccessiva complessità». Michael Young, il sociologo britannico di matrice laburista autore nel 1958 del manifesto «L’avvento della meritocrazia», si rivolterebbe nella tomba a vedere la chirurgica precisione burocratica con la quale 52 pagine di un decreto dell’Ats di Pavia sembrano incaricarsi di dimostrare plasticamente che meritocrazia continua a essere solo una parola della quale riempirsi la bocca ai convegni.
L’iter concorsuale
In aprile l’azienda sanitaria di Pavia bandisce un concorso per un ruolo amministrativo nel settore veterinario. Gli ammessi alla graduatoria sono 64, e svolgono l’esame (con «idoneità» fissata a 6 punti su un massimo di 9) in tre convocazioni il 16-17-18 maggio, rispondendo a tre blocchi di domande. All’esito della procedura di selezione, la Commissione d’esame dichiara «idonea» una sola candidata, la 39enne D.C., con 8 punti. C’era un posto da coprire, c’è una persona selezionata per assumere quel ruolo, sembrerebbe tutto semplice. E invece no. In un trionfo burocratico di cinque «visto che», tre «richiamato che», quattro «preso atto che», un «esaminato», un «acquisiti» i pareri dei direttori sanitario-amministrativo-sociosanitario, e due «ritenuto che», ecco che «a tutela dell’interesse pubblico» un decreto del direttore generale stabilisce «necessario procedere all’annullamento in autotutela degli atti endoprocedimentali», e dispone «il rinnovo della fase valutativa della procedura nei confronti» di tutti i «candidati presenti alle tre convocazioni» di maggio: «al fine da un lato di assicurare il superamento del vizio rilevato, e dall’altro di garantire il rispetto del principio di conservazione degli atti giuridici e di divieto di aggravamento del procedimento».
Domande troppo «difficili»
E quale sarebbe il grave «vizio rilevato» che imporrebbe l’annullamento del concorso? Dubbi di esami truccati? Errori nelle tracce? Irregolarità tra i Commissari? Macché. Si annulla tutto perché «le domande formulate dalla Commissione esaminatrice nell’ambito delle tre convocazioni non rispettano, in termini di eccessiva complessità, le indicazioni del bando per quanto attiene alle prove di idoneità in esso contenute, con conseguente violazione della lex specialis che il bando medesimo costituisce». Ma cosa veniva chiesto di così tremendo? A occhio e croce cose non esattamente da Premio Nobel, ma quesiti (rispettivamente da 2 minuti di risposta, 5 minuti e 5 minuti) su conoscenze basilari per un operatore amministrativo nel settore veterinario. E cioè elementi essenziali di anagrafe zootecnica (come il codice allevamento, documenti di trasporto, registro di carico e scarico); saper utilizzare Word per inviare alcuni tipi di lettere di contestazione di contributi evasi; e saper usare Excel per predisporre un elenco di aziende con suini e avicoli, da inviare ai vari veterinari per i controlli.
Si prepara il ricorso al Tar
«Ma quale tutela dell’interesse pubblico», obiettano gli avvocati Valeria Sergi e Stefano Nespor che ora faranno ricorso al Tar per conto della ragazza: «La tutela dell’interesse pubblico consiste nell’attribuire il posto a concorso al candidato più meritevole, l’unico che ha ottenuto l’idoneità», anzi in teoria «risultato ancor più meritorio tenuto conto della (pretesa) “eccessiva complessità” delle prove. Al contrario, la decisione assunta non tutela alcun interesse pubblico, ma semmai l’interesse di candidati palesemente non meritevoli di provare nuovamente a ottenere il posto a disposizione (e non c’è dubbio che qualcuno di questi riuscirà, con le nuove prove, a ottenerlo). Senza contare che il costo di una nuova selezione graverà sull’Azienda e, quindi, sui contribuenti».

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