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agenzia direAutore:
redazione
"Finora erano ipotesi di alcuni studiosi, ora c'e' la prova. Esiste una
corrispondenza tra lo scioglimento massiccio del permafrost in Artico e
l'aumento dei gas serra in
atmosfera". La notizia arriva
dall'Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche
di Bologna (Ismar-Cnr) che ha coordinato uno studio internazionale
pubblicato su Nature Communication, prendendo in esame carote di
sedimento dell'ultima deglaciazione.
"È noto che oltre un terzo
del carbonio della Terra si trova in Artico in uno stato congelato noto
come permafrost. Negli ultimi trent'anni questi suoli stanno subendo un
progressivo riscaldamento e sono quindi a rischio di destabilizzazione
termica, ossia di scioglimento- spiega Tommaso Tesi, ricercatore
Ismar-Cnr e primo autore del lavoro- Tale processo trasforma materiale
virtualmente inerte in un substrato nuovamente disponibile per la
decomposizione batterica con il conseguente rilascio in atmosfera di
carbonio e metano, due gas serra coinvolti nel riscaldamento globale".
Prima
di questo studio pero' non esistevano evidenze dirette di un reale
scioglimento del permafrost. "Per la prima volta abbiamo analizzato la
destabilizzazione termica del permafrost durante il riscaldamento
post-glaciale, risalente dai 14.000 mila ai 7 mila anni fa, quando la
concentrazione di anidride carbonica passo' da 190 a 270 ppm (parti per
milione) e la temperatura globale media aumento' di circa 4 gradi",
prosegue Tesi.
"Considerando che il permafrost contiene oltre due
volte la quantita' di carbonio presente in atmosfera prima della
rivoluzione industriale, il processo di scioglimento e il
successivo
rilascio dei gas serra rappresentano un significativo riscontro al
contemporaneo riscaldamento globale", aggiunge il ricercatore Ismar-Cnr.
Il
gruppo di ricerca internazionale si e' concentrato sul Mare di Laptev,
margine siberiano del Mar Glaciale Artico. "Nel 2014, durante la
campagna oceanografica Swerus-C3 a bordo della rompighiaccio svedese
Oden, abbiamo prelevato delle carote di sedimento, un archivio unico per
la ricostruzione storica del permafrost durante l'ultima deglaciazione-
racconta Tesi- Usando le informazioni contenute nel sedimento, abbiamo
rivelato che la quantita' di carbonio terrestre trasferito dal
permafrost
all'ambiente marino durante la fine della deglaciazione e'
stata accelerata, con un flusso medio annuale di carbonio rilasciato
pari ad oltre sette volte il contemporaneo apporto da parte dei fiumi".
Sulla
base di questi risultati, gli autori hanno ricostruito l'evoluzione del
permafrost durante il passaggio glaciale-interglaciale. "Durante
l'ultima deglaciazione, circa
21.000 anni fa, il nord della Siberia
era dominato da un permafrost spesso e molto piu' esteso rispetto alle
condizioni moderne- conclude il ricercatore dell'Ismar-Cnr- Con il
progressivo
inspessimento di questo strato del suolo superficiale nella fase
post-glaciale, e' prevalso lo scioglimento, favorendo l'erosione del
materiale terrestre e
quindi il rilascio di permafrost nell'ambiente
marino, che ha implicato come conseguenza anche un aumento sensibile
nella produzione di anidride carbonica e, potenzialmente, di metano
durante il riscaldamento post-glaciale. È credibile che quanto descritto
nel nostro lavoro possa rappresentare una prefigurazione del paventato
futuro cambiamento climatico e che quindi questi processi possano
manifestarsi nuovamente in uno scenario di riscaldamento antropico".
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venerdì 9 dicembre 2016
Ancora altre prove sulla correlazione diretta tra lo scioglimento dei ghiacci e l'inquinamento antropico
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