giovedì 23 febbraio 2017

Altro che ripresa! Con l'inflazione che va di nuovo verso l'alto ora si rischia una povertà maggiore...



controlacrisi fabio sebastiani
L’inflazione all’1% e i consumi che indietreggiano. E’ uno scenario quasi del tutto inedito quello che esce fuori mettendo insieme i numeri che l’Istat ha fatto uscire in questi giorni. Il rischio è che al ristagno ormai quasi decennale dell’occupazione si accoppi una perdita vistosa del già magro potere d’acquisto delle famiglie. Un mix che ci porterebbe dritti dritti verso un incremento mai visto della povertà. Del resto, l'obiettivo dichiarato dalla Bcce è proprio quello di avere un'inflazione almeno al 2%, in modo da spingere i capitali ad uscire allo scoperto. Quanto potrà reggere l'Italia che nel mentre ha tutta l'aria di ristagnare senza segnare valori importanti sul capitolo vitale della produttività?

Il commercio al dettaglio resta quasi fermo nel 2016, con il valore delle vendite praticamente stabile (+0,1%) rispetto all'anno scorso, segno evidente che gli italiani continuano a tagliare ogni tipo di spesa, anche quella alimentare. Non basta il segno piu' dei discount (+2%) a riportare in alto i consumi per la tavola: gli acquisti di cibo restano in territorio negativo sia nei piccoli negozi di quartiere (-1%) che negli ipermercati (-0,5%), mentre "resistono" nei supermercati (+0,2%).

La conferma che il Paese non ce la fa viene oggi addirittura da Confindustria, che assegna al nostro Paese il ruolo di fanalino di coda, “con una crescita inadeguata a uscire dalla crisi”. Industria ed export trainano il Pil, ma la domanda interna non aumenta. Non solo, “il credito rimane erogato con il contagocce. I sentieri divaricanti dei tassi Fed e Bce (che non intende cambiare rotta) spingono il dollaro. Mentre quelli sui titoli sovrani iniziano a riflettere tensioni economiche e non". Il Centro studi di Confidnustria nel suo rapporto sulla congiuntura parla di un pil che “e' atteso aumentare a ritmo lento anche nel 1° trimestre 2017, dopo il +0,2% nel 4° 2016 e il +0,3% nel 3°”. Un ritmo che rimane ben inferiore a quello dell'Eurozona, “frenato dall'incertezza, specie politica", spiega il rapporto.

Inoltre "nel 4° trimestre 2016 l'occupazione e' rimasta pressoche' ferma (-5mila addetti), come nel trimestre estivo (-10mila). I recenti lievi cali non intaccano gli ampi guadagni registrati nella prima meta' dell'anno: in dicembre +242mila da fine 2015, a un totale di 22milioni e 783mila persone occupate, tornate cosi' sui livelli della primavera 2009. Il tasso di disoccupazione nel 4° trimestre 2016 si e' attestato all'11,9%, dopo essere rimasto ancorato ll'11,6% dall'estate 2015. Con la forza lavoro in espansione da inizio 2016, l'aumento riflette, appunto, lo stallo dell'occupazione".

Capitolo banche. "Le sofferenze nei bilanci bancari restano alte, nonostante gli interventi varati (143 miliardi a dicembre, 18,9% dei prestiti, 142 a novembre); nel manifatturiero lo stock mostra un calo incoraggiante (a 32 miliardi, da un picco di 36 nel 2015). La continua necessita' di rettifiche su crediti tiene alta l'avversione al rischio delle banche e limita i prestiti alle imprese. Sommandosi alla bassa redditivita' operativa, contribuisce alla debolezza delle quotazioni bancarie in Borsa (-10,2% a febbraio da inizio anno), rendendo piu' difficili le ricapitalizzazioni".

Il credito per le imprese italiane, rileva il Centro studi di Confindustria, "e' scarso e resta un nodo per la crescita. I prestiti bancari hanno registrato +0,2% mensile a dicembre, dopo il calo di novembre (-0,2%); negli ultimi 4 mesi del 2016 il ritmo di caduta si e' attenuato. Nell'intero 2016, pero', lo stock di prestiti si e' ridotto dello 0,15% medio al mese (pari a -14 miliardi a fine anno da fine 2015; -15,8% dal 2011). Il costo del credito per le imprese, invece, e' ai minimi (1,5% a dicembre sulle nuove operazioni, 1,6% a novembre): cio' stimola la domanda di fondi, ormai risalita vicino ai valori pre-crisi".

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