domenica 23 luglio 2017

Anbiente & Affari (per loro). Ulivi e Xylella, dov'è la verità scientifica?

La Commissione Europea ha inviato all’Italia il parere motivato per la procedura di infrazione riguardante la malattia degli ulivi, la Xylella fastidiosa, che fu già al centro di un’aspra lotta tra le Istituzioni Europee, il Governo Italiano e le Associazioni della società civile del Salento.





micromega Antonia Battaglia

Secondo la Commissione Europea, infatti, le autorità italiane hanno fallito nel frenare il progredire del dannoso batterio che sarebbe il presunto killer degli ulivi.

Infatti, le misure previste dalla procedura di infrazione riguardavano l'eradicazione delle piante giudicate infette subito dopo la prima conferma della presenza del batterio della Xylella fastidiosa nella Regione.

Secondo la Commissione, tuttavia, dopo la comunicazione dei nuovi focolai presenti sul territorio, le azioni dell’Italia sono state reputate inefficaci “per assicurare la necessaria rimozione degli alberi infetti come richiesto dalla legislazione Ue”, cita il comunicato stampa della Commissione Europea.

Sono solo due i mesi dati all’Italia per adeguarsi alla nuova decisione: passati i due mesi, potrebbe scattare il deferimento alla Corte di Giustizia dell’Unione.

Ma cosa è accaduto in Puglia e a Bruxelles in questi mesi?

L’ultima discussione tra Stati Membri dell’Unione e Commissione Europea in seno alla sezione fitosanitaria del Comitato permanente Ue su Piante, Animali, Cibi e Mangimi (Comitato Paff) non aveva ancora dato luogo a nessuna decisione ufficiale in merito al reimpianto di quelle specie di ulivi che hanno dato evidenti segnali di resistenza alla “sputacchina”, l’insetto considerato il vettore del batterio (della questione Xylella ci si era occupati in modo approfondito già in passato). La prossima riunione del Comitato è prevista per il 19 luglio. Gli eurodeputati Raffaele Fitto e Paolo De Castro, tuttavia, avevano già dato notizia in merito al parere positivo sul reimpianto in una intervista apparsa sul Corriere della Sera del 16 maggio scorso.

Eliminare il divieto di reimpianto favorirebbe la strage degli ulivi attuali che sarebbero quindi sostituti con le varietà resistenti. Ma il parere motivato della Commissione va comunque nel senso del taglio e del reimpianto. Il destino degli alberi sembra segnato.

Nel frattempo, in Salento il disseccamento interessa soprattutto la provincia di Lecce.

Ciò che rimane assolutamente singolare è che la ricerca in questi mesi sia rimasta ermeticamente chiusa.

Le Scienze pubblicava in data 5 Maggio 2017 un comunicato stampa per informare sui recenti risultati ottenuti dalle ricerche sul batterio della Xylella e indicava che gli studi, ancora in corso, stavano fornendo sempre maggiori conoscenze anche sulla stabilità e sulla utilità di eventuali varietà resistenti al batterio come il Leccino e la Favolosa.

Varietà resistenti che, probabilmente, se la decisione del Comitato Fitosanisario sarà positiva, potrebbero essere reimpiantate.

“Scopo della ricerca coordinata dall’Ente - scrive Le Scienze- è anche fornire un’informazione corretta, fondata sulla evidenza dei dati e dei risultati scientifici.”

Ma dove sono le evidenze scientifiche in laboratorio? Dove sono i dati incontestabili sulla presenza di Xylella fastidiosa in tutte le piante che presentano il disseccamento?

La delibera della Giunta Regionale della Puglia del 13 Giugno 2017 n. 240 istituisce un regime di aiuto per le imprese che hanno adempiuto alla distruzione delle piante infette da Xylella fastidiosa, in seguito ad ingiunzione di abbattimento.

Ma quali sono state in questi mesi le azioni della Regione e del Governo per promuovere la ricerca a 360 gradi e per fare della Puglia il famoso laboratorio a cielo aperto di cui si era parlato già due anni fa?

Si gioca tutto, quindi, sia in Italia che a Bruxelles, sulle due specie di ulivo che potranno essere reimpiantate, favorendo una massiccia speculazione. La Favolosa è una varietà della pianta tecnicamente nota come FS-17, quasi assente in Puglia, brevettata dal CNR, la cui licenza esclusiva è stata ceduta a tre vivai. Il CNR ha una royalty sulle vendite che è del 10%, da utilizzare per il superamento dell’emergenza Xylella.

Se la scoperta di una varietà resistente è fondamentale per il futuro della Regione, resta tuttavia da capire perché le sperimentazione sulle piante colpite da disseccamento (ricordiamo che non in tutte le piante colpite da disseccamento ci sono batteri di Xylella!) sul campo non sia stata portata avanti in maniera approfondita ed estensiva.

Ivano Gioffreda, Presidente dell’Associazione Spazi Popolari e agricoltore, porta avanti da qualche anno una sperimentazione su circa 100 ulivi che presentavano segno di disseccamento e che sono stati interamente salvati: gli alberi sono floridi, vivi, stanno benissimo.

“Crediamo che la ricerca, appannaggio ancora di pochi soggetti ed istituti in Italia, non abbia preso in considerazione le sperimentazioni empiriche che portiamo avanti da anni e che hanno dato ottimi frutti”, dice Gioffreda.

“Perché la scienza non ha voluto approfondire le cure degli alberi come abbiamo fatto noi ed altre associazioni che stanno portando avanti la sperimentazione con l’aiuto di centri scientifici? Si sarebbe potuto fare su larga scala”.

Già. Secondo il Professor Martelli, professore emerito di patologia vegetale della facoltà di Agraria di Bari, sarebbero quasi 2 milioni gli ulivi malati, come riportato in una intervista al Corriere della Sera il 7 maggio 2017. Perché volerli tagliare senza aver mai voluto prendere in considerazione gli effetti delle numerose sperimentazioni empiriche esistenti e continuando solo a bollare chi le porta avanti come santoni?

Perché cambiare il volto di una delle più belle Regioni italiane, modificarne paesaggio, agricoltura e storia, radici e cultura, senza aver esplorato a tutto campo le possibilità che si presentano sulla scena delle sperimentazioni?

Gli studi EFSA sulla Xylella si basano sulle informazioni del CNR di Bari, quindi gli esiti finali della ricerca rimangono sempre gli stessi e la ricerca chiusa. Ma questi esiti non sono mai apparsi su riviste scientifiche internazionali, come accade normalmente per le pubblicazioni scientifiche.

A due anni di distanza dal primo ed unico studio pilota EFSA, non è ancora uscito uno studio peer reviewed: manca l’anima della scienza.

Un apporto scientifico più aperto a contributi esterni, esteso a più scienziati all’Italia e all’estero, avrebbe potuto forse garantire che questi risultati sperimentali venissero presi in considerazione o perlomeno osservati e studiati con l’attenzione che il caso richiede.

Perché se cento ulivi guariscono, essi non possono fare l’oggetto di uno studio scientifico approfondito prima che due milioni di alberi della Puglia vengano distrutti e che il volto della Regione cambi per sempre?

La ricerca non ha conosciuto quello sviluppo che avrebbe dovuto permettere ad esperti di tutto il mondo di trovare soluzioni e di indagare sulle numerose sperimentazioni empiriche esistenti, che sembrano dare delle risposte concrete alla cura degli alberi.

Ciò che risulta singolare è che l’ultimo monitoraggio ufficiale, effettuato su circa 158 mila ettari di terreno, verificando al laboratorio 150 mila piante, almeno una per ettaro, aveva dato la certezza, che in una fascia lunga circa 30 chilometri dall’Adriatico allo Jonio e larga circa 50, la zona fosse sgombra da Xylella. Siamo a Marzo 2017.

Il direttore del Dipartimento Agricoltura Sviluppo rurale ed ambientale della Regione Puglia, Gianluca Nardone, spiegava una parte del lavoro fatto per contenere l’avanzata del batterio. Il monitoraggio, infatti, ha riguardato una parte del territorio a nord dell’area della provincia di Lecce, già interessata dal batterio da quattro anni a questa parte, circa 150 km quadrati di superficie. (http://www.meteoweb.eu/2017/03/xylella-nardone-loperazione-di-monitoraggio-e-stata-enorme-mai-fatta-prima/870151/)

“Scendendo a sud, verso l’epicentro del problema, aveva affermato Nardone, – abbiamo individuato, alla fine del processo- nove alberi infetti, in altrettante zone distinte, quindi nove focolai. E abbiamo cominciato a cercare intorno a questi focolai. In alcuni abbiamo trovato poche piante malate, in altri molte di più per un totale di circa 200 piante infette. Un altro centinaio erano le piante infette nel Salento in seguito ad analisi su piante che ostruivano opere di pubblica utilità o altro. Questo è sostanzialmente l’esito’‘.

Se su circa 150 mila piante analizzate, solo 200 sarebbero positive alla Xylella, come è possibile dare avallo alla decisione europea di tagliare tutto e proporre la sostituzione con piante resistenti alla Xylella se di Xylella si tratterebbe solo in minima parte?

Il monitoraggio è finito a gennaio del 2017 e da febbraio si è proceduto all’esame dei focolai di piante infette vicino ai territori dei comuni di Oria e Francavilla Fontana, nella provincia di Brindisi.

Secondo anche quanto riportato da Laura Margottini su Il Fatto Quotidiano il 12 febbraio 2017, sulla base delle informazioni date dal Direttore del Dipartimento Agricoltura della Regione Puglia, Gianluca Nardone e mai smentite, il monitoraggio effettuato dalla Regione Puglia dal mese di giugno 2016 al mese di gennaio 2017 indicava che la Xylella era presente solo nel 6,5 per cento delle 1.536 piante malate campionate nella zona infetta. Troppo poco per stabilire la certezza della correlazione certa tra batterio e malattia, tra Xylella e disseccamento.

In un comunicato stampa successivo all’articolo apparso sul sito della Regione Puglia, Nardone, ha aggiunto di non essersi mai espresso sul nesso tra malattia (disseccamento rapido della pianta) e causa (Xylella) e che mai si era voluta veicolare l'idea che le piante monitorate con sintomi fossero malate.

“Pertanto – concludeva Nardone – non devo smentire, perché mai asserito, il seguente sillogismo: 1) tutte le piante sintomatiche sono malate, 2) il 6% delle piante sintomatiche presenta la Xylella, 3) la Xylella, quindi, spiega solo il 6% della malattia.”

La verità scientifica, ad oggi, dove risiede?

Come mai se lo studio EFSA ha decretato la causa della malattia del disseccamento i suoi risultati non sono mai passati dalla procedura peer review e quindi mai apparsi su una rivista scientifica internazionale?

(14 luglio 2017)

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