Ecco
da dove nasce la disaffezione nei riguardi della politica, senza
destare meraviglia alcuna.
Quando l'idea che la politica possa
rappresentare una valida alternativa alla "professione", cresce la paura
di perdere la "poltrona-professione".
Quindi, l'elettore viene visto
come un datore di lavoro che esercitando il diritto al voto è in grado,
in qualche modo, d'incrementare la disoccupazione e buttare nella
costernazione coloro che hanno sempre interpretato la politica come un
mestiere.
Ma
la giustificazione è pronta: la preferenza favorisce il voto di
scambio. Allora aboliamola e lasciamo decidere al segretario di un
partito chi deve essere eletto o meno; un potere immenso in mano a
quest'ultimo in grado di decidere listini bloccati e candidati.
Questa
si chiama democrazia?
Un solo cittadino ha il potere di eleggere tanti
rappresentanti senza che quest'ultimi ricevano il gradimento di
chicchessia.
Della
politica proveniente dal basso non vi è più traccia, meglio relegare
l'elettore a un ruolo marginale, tanto alla fine il conto di una cattiva
gestione amministrativa lo pagherà sempre lui. L'evoluzione rileva un
appannamento sempre più marcato del rapporto elettori-eletti, provocando
deresponsabilizzazione da parte dei secondi. Un processo pericoloso, se
si pensa che oggi l'eletto deve confrontarsi con un mondo che assegna
al fattore lavoro ruoli sempre più marginali.
L'evoluzione
tecnologica spinge verso una mutazione del modello di civilizzazione e
verso una prospettiva nel quale solo una minoranza d'individui sarà
utile ai processi di produzione e dunque utile a una società fondata
sulla redditività. Pertanto l'impegno dell'eletto dovrebbe essere ancora
più forte, se si pensa ai processi di mondializzazione, dove la potenza
dei mercati finanziari e il potere delle multinazionali restringono i
poteri d'intervento dei singoli Stati-Nazione.
Forse
bisogna assumere la consapevolezza che i governanti hanno preferito i
modelli attuali, con i loro processi di ineguaglianza, perché la logica
della solidarietà non è politicamente redditizia?
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