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Il megagasdotto Snam altro non è che la prosecuzione del gasdotto Tap contro cui si sta mobilitando la popolazione del Salento. Un’opera giudicata dannosa e pericolosa per la popolazione e per il territorio abruzzese. Sabato 21 aprile corteo a Sulmona, dove dovrebbe essere costruita una centrale del gas secondo quanto deciso dal Consiglio dei ministri in chiusura di legislatura
Nella seduta del 22 dicembre 2017 il Consiglio
dei ministri ha dato il via libera alla costruzione della Centrale Snam
di Sulmona (Aquila), tassello fondamentale del progetto di gasdotto Snam “Rete Adriatica”, prosecuzione del gasdotto TAP. Per
anni dalle aree interne abbiamo preso i nostri pullman colorati e
abbiamo invaso le città, fossero capoluoghi di provincia, di Regione o
Metropoli.
Abbiamo urlato, cantato, ballato, percorso chilometri sotto
il sole cocente o con la pioggia, il vento e persino sotto la neve. In
cambio della nostra passione abbiamo trovato porte chiuse, strade
sbarrate, molte volte a farla da padrone è stato il silenzio, altre
ancora il suono sordo della repressione delle nostre speranze.
In questi anni abbiamo visto lo
sfruttamento più avanzato allargarsi nelle province, come ci hanno
mostrato in tutta la loro evidenza i No Tav, i No Muos, i No Ombrina, i
No Triv, i No Tap. I territori periferici sono stati integrati nella grande macchina dell’estrazione di profitto dopo essere stati isolati, spogliati di servizi, spopolati, lasciati a loro stessi.
Il modello è ancora quello delle grandi
opere “strategiche” (per i loro interessi), gran parte delle quali
riguardano le infrastrutture energetiche. Su questo nodo si sta
giocando una partita fondamentale fra chi vuole mantenere il proprio
potere attraverso il ricatto delle fonti fossili, condannando il mondo
all’autodistruzione, e chi vuole guardare a nuovi scenari che parlino di
trasformazione delle scelte di consumo e produzione nel quotidiano e
aprano prospettive di emancipazione sociale.
È proprio questa battaglia epocale che si
sta riproducendo nella lotta contro la grande opera Snam “Rete
Adriatica”: questa prevede la costruzione di un megagasdotto di quasi
settecento chilometri lungo la fascia appenninica – pericolosamente
sismica – e di una centrale di compressione nel Comune di Sulmona (zona sismica di primo grado). La centrale si troverebbe a tre chilometri di distanza dalla famigerata “faglia del Morrone”, alle porte del Parco Nazionale della Majella, in una valle,
quella Peligna, in cui il ricircolo di aria è limitato per via della
sua conformazione orografica e le emissioni ristagnano nell’aria che
respiriamo. La sua costruzione è un gesto folle e sconsiderato in
un’epoca in cui i nostri consumi di gas sono diminuiti e siamo ben
lontani dal pieno utilizzo della capacità della rete già esistente. E in
un momento storico, per di più, in cui non possiamo più permetterci di
spendere soldi ed energie nella riproduzione di un modello, quello delle
fonti fossili, che sta devastando il pianeta.
I Comitati cittadini della Valle Peligna, come quelli dell’intero Appennino, da anni si battono contro il megagasdotto Snam “Rete Adriatica” e l’annessa centrale di compressione di Sulmona, della quale, nella seduta del 22 dicembre 2017, un Governo uscente e a ridosso dello scioglimento delle Camere ha autorizzato la costruzione
contro il parere negativo delle istituzioni locali, dai Comuni alla
Regione, ripetutamente espresso, e contro la risoluzione della
Commissione Ambiente della Camera dei Deputati adottata nel 2011.
L’autorizzazione della costruzione della centrale di Sulmona è un
affronto che non è fatto soltanto ai cittadini peligni, ma a tutti i comuni
interessati dall’intera opera “Rete Adriatica” e a tutto un Paese
sempre di più insidiato da progetti di estrazione, trasporto e
stoccaggio di idrocarburi.
Il megagasdotto Snam “Rete Adriatica” è l’ennesima grande opera dannosa,
inutile e imposta che dobbiamo rispedire al mittente, un’opera che non
serve al fabbisogno di gas del Paese, né dell’Europa, ma solo ai piani
di sviluppo commerciale di un’impresa privata, la Snam. “Rete Adriatica”
fa parte di una strategia più ampia che mira a fare dell’Italia una
terra di attraversamento, uno snodo (“hub”) per l’importazione ed esportazione
di gas metano, capace di stoccare volumi importanti di gas nel
sottosuolo (come avviene già massivamente in Lombardia, ad esempio) e di
garantirne il trasporto in grandi quantità verso l’Europa centrale,
sfruttando le importazioni da Sud (vedi il progetto TAP). L’obiettivo è
quello di aumentare i profitti privati delle multinazionali del gas che
guadagnano dalla compravendita di idrocarburi, mentre i rischi e i costi
sociali, economici e ambientali vengono scaricati sulle comunità e gli
ecosistemi locali.
Contro la costruzione di questa opera il
21 aprile 2018 a Sulmona (AQ) è stata indetta una manifestazione
nazionale convocata dal coordinamento No hub del gas. Per non vedere
boschi e prati appenninici sventrati da un megagasdotto, per non
sacrificare la salute e la sicurezza delle comunità appenniniche alle
allucinazioni dei padroni delle fonti fossili, per costruire una
solidarietà delle mobilitazioni dalla Puglia che lotta contro il TAP
alla Lombardia che si oppone agli stoccaggi.
È una lotta questa che non riguarda solo i territori direttamente interessati dal passaggio dell’opera ma l’intero Paese, perché
si decide il modo in cui produrremo energia nei prossimi decenni, se
saremo ancora dipendenti dal capitalismo degli idrocarburi o potremo
sperimentare percorsi di democrazia energetica. È la battaglia che
decide del nostro presente: se
saremo spettatori impotenti di una crisi ecologica senza responsabili o
saremo capaci di invertire la rotta opponendoci allo sfruttamento, alla
violenza e alla devastazione connessi al modello estrattivista. È la
battaglia per una democrazia reale in cui possiamo decidere
collettivamente del nostro futuro e per un mondo ecologico, giusto e
solidale, che non sacrifichi più sull’altare dell’accumulazione e del
profitto popoli ed ecosistemi.
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