mercoledì 30 agosto 2017

Cannabis terapeutica in Italia: 20 milioni di potenziali pazienti.


Mettere in condizione una persona malata di poter aver accesso alla propria cura in un Paese civile sarebbe una priorità. E significherebbe consentire a tutti i pazienti, indipendentemente da dove abitino, di poter ricevere il proprio farmaco a carico del servizio sanitario nazionale, trovare un medico che lo prescriva senza far resistenze dettate spesso dalla scarsa conoscenza della materia, e vedersi garantita la continuità di cura.


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Al di là dei motivi la situazione è questa: migliaia di malati italiani sono abbandonati a loro stessi e l’unica alternativa che il nostro Stato lascia loro è quella di scendere in strada, cercare uno spacciatore, ed acquistare cannabis che nei casi migliori è di pessima qualità e contiene muffe e contaminanti che un malato dovrebbe assolutamente evitare, ed in tutti i casi va ad ingrassare le tasche già gonfie di mafie e criminalità.
Per cui oggi abbiamo scelto di dare i numeri. Le cifre sul numero di pazienti e quantitativi di cannabis che vengono distribuiti in Canada ed Israele, Paesi in cui l’ipocrisia di Stato è stata messa da parte anni fa per concentrarsi sulla salute dei propri cittadini.
LA SITUAZIONE ITALIANA. Partendo dal nostro Paese il numero è questo: i pazienti italiani che potenzialmente potrebbero avere accesso alle cure con la cannabis sono oltre 20 milioni, un terzo della nostra popolazione.
Il numero è stato calcolato dal dottor Giampaolo Grassi incrociando i dati del ministero della Salute, delle associazioni e delle pubblicazioni scientifiche a riguardo, considerando solo le principali patologie per la quale viene dispensata: circa 17 milioni di persone che soffrono di dolore cronico, 2.900.000 affette da tumore, 500mila da diverse forme di epilessia, 100mila affette da colite e morbo di Crohn, 68mila con sclerosi multipla e circa 4mila da Aids.

Non ci sono stime precise su quante persone abbiano avuto accesso alla cannabis terapeutica nel 2016, ma sicuramente siamo ben lontani da queste realtà. Abbiamo provato più volte a scrivere al ministero della Salute per avere informazioni a riguardo, ma fino ad oggi non abbiamo avuto risposta. Nel migliore dei casi si tratta di poche migliaia.

Mentre i dati della cannabis importata dall’Olanda dicono che nel 2016 ne sono stati distribuiti 350 chilogrammi, ai quali vanno aggiunti circa 30 chilogrammi di cannabis prodotta in Italia. Il totale fa circa 380 chilogrammi di cannabis distribuita ai pazienti, tanta quanta nel piccolo Israele ne è stata dispensata in un mese.
ISRAELE E CANNABIS TERAPEUTICA. Israele infatti è uno dei Paesi più avanti dal punto di vista della cannabis e del suo studio scientifico. E’ il paese in cui il dottor Raphael Mechoulam, considerato il padre della ricerca sui cannabinoidi, ha isolato per primo il THC e dove ancora oggi continua le sue ricerche. Il governo ha da poco stanziato 20 milioni di euro per la ricerca scientifica sulla cannabis e per innovare genetiche e metodi produttivi. E’ l’unico Paese al mondo che offre la possibilità ai militari in servizio di usare la cannabis, dopo la scoperta degli ottimi risultati nel trattamento del PTSD, la sindrome da stress post traumatico.
Israele con i suoi 8 milioni di abitanti, nel 2016 contava oltre 22mila pazienti ed è previsto che arrivino a 30mila nei prossimi mesi, grazie anche alle recenti politiche governative che hanno facilitato l’accesso al farmaco; nel 2016 ne sono stati dispensati circa 400 chili al mese per un totale di circa 5 tonnellate.
L’ESEMPIO CANADESE. In Canada la cannabis è stata resa legale per uso medico nel 2001. Attualmente il sistema funziona con i produttori che chiedono la licenza statale, ed i pazienti che, dopo la registrazione, possono o recarsi nei dispensari ad acquistare la cannabis, oppure farsi consigliare le genetiche più appropriate per la propria patologia per poi coltivare in autonomia. Nel caso in cui la patologia del paziente sia debilitante a tal punto da non permettergli di coltivare, può nominare una persona a sua scelta che lo faccia al posto suo.
In Canada, dove vivono 35 milioni di persone a fronte dei nostri 60 milioni, dai 30mila pazienti registrati nel 2015, si è passati ai 100mila del 2016, per arrivare agli attuali 130mila. Nel 2014 erano 8mila. Per i bisogni di questi pazienti nel 2016 sono state distribuite quasi 9 tonnellate di cannabis, proveniente dai 130 produttori autorizzati, senza dimenticare quella che i pazienti si autocoltivano. Quindi in Canada ci si registra e si accede alla cannabis. La continuità terapeutica è sempre garantita ed i pazienti che non possono permettersi di acquistare la cannabis nei dispensari, hanno la possibilità di coltivarsela e di farla analizzare per rivelare eventuali presenze di muffe o batteri, facendosi poi seguire da un medico per le proprie patologie.

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