Scarica i libri di Wu Ming

QQ (1999)
«Ma perché tornare a raccontare quella storia? Perché un romanzo storico su un soggetto tanto anacronistico? Che significato potevano mai avere Thomas Müntzer e la Guerra dei contadini nei “ruggenti anni Novanta”? Il “comunismo” era stato sconfitto, la “democrazia” aveva vinto, la fede nel Libero Mercato era tanto indiscussa che in Francia si era coniata l’espressione “Pensiero unico”. L’ideologia neoliberista era trionfante. Davvero volevamo scrivere un romanzo su degli straccioni proto-comunisti dimenticati da chissà quanto? Certo che sì.» (Spettri di Müntzer all’alba, 2009)
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Asce di guerraAsce di guerra (con Vitaliano Ravagli, 2000)
«Asce di guerra è sempre lì. La fragranza di nebbia, cordite e odori esotici si preserva inalterata. Eppure, è un libro nuovo. Ha smesso di essere l’oggetto narrativo non ancora identificato che marcava una brusca discontinuità con la geometrica circolarità di Q, per farsi indispensabile liaison tra il pellegrinare ribelle nell’aurora della modernità europea e la demolizione di scontate mitologie novecentesche. Continua a essere il testo più aperto e cangiante che Wu Ming abbia mai scritto, perché è un modo di vedere le cose, una dichiarazione d’intenti in forma d’opera, un metodo definito attraverso un’affascinante teoria di casi concreti.» (L’Unità, 28/05/2005)
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5454 (2002)
«Una colossale sequela di narrazioni intrecciate che a volte arriva a tenere insieme Cary Grant, Tom & Jerry, il maresciallo Tito, Lucky Luciano, un barista di Bologna conosciuto come “Il Re della Filuzzi”, l’imperatore Bao Dai e Ian Fleming. Incredibile a dirsi, ma convince pienamente. Ne emerge una storia epica sull’identità e la celebrità, il comunismo e la corruzione. La prima frase annuncia il tema: “Non c’è nessun dopoguerra.” Questo è un romanzo sorprendente, intrigante, provocatorio e profondo. Al confronto, la maggior parte dei libri di oggi sembrano poca cosa.» (Scotland on Sunday, 15/05/2005)
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Guerra agli UmaniGuerra agli Umani (2004)
«Una storia che fila via come i maledetti treni dell’alta velocità, fra omicidi, cinghiali mannari e furti al supermercato, fino a una resa dei conti in stile Alamo, con Jannacci al posto di Morricone, mugolato come un gemito di armonica. Lo stile ormai è professionale, da scrittore navigato, con un montaggio che alterna i personaggi, zooma tra le soggettive, mixa dialoghi filosofici e comunicati stampa. Una lingua scarna, rapida, parlata, capace di insospettabili raffinatezze.»  (Pulp Libri)
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New Thing New Thing (2004)
«Ogni volta che appare un romanzo imparentato con il mondo del jazz bisogna incrociare le dita e sperare per il meglio: la maggior parte degli scrittori, infatti, sembra incatenata a una immutabile, infrangibile, catena di clichés ormai rancidi puntualmente riproposti a ogni uscita in libreria: locali fumosi, atmosfere notturne, musicisti sfigati e bohèmien, droga, genio e sregolatezza, il tutto rigorosamente Round Midnight. Questo vale sia per gli autori italiani che stranieri, e dimostra in maniera lampante che se questi scrittori hanno bisogno di continuare a orecchiare simili banalità significa che di jazz conoscono poco e capiscono ancora meno. Questo New Thing, invece, [...] va accolto come una ventata di aria fresca in una stanza chiusa da decenni.  [L'autore] dimostra non solo una conoscenza enciclopedica della musica afroamericana, ma anche di ciò che ha dato vita a quell’espressione artistica. Le lotte per i diritti civili, i tumulti antirazzisti, la voglia di riscatto sociale e di giustizia, le speranze e la sofferenza di un’intera generazione militante.» (Tuttolibri – La Stampa, 13/11/2004)
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ManituanaManituana (2007)
«Wu Ming coniuga in modo felice il respiro delle grandi narrazioni epiche e i meccanismi coinvolgenti del romanzo d’appendice. Nel 1775, nella valle del fiume Mohawk, dallo splendore lirico del mondo meticcio battezzato “Irochirlanda”, con le sue foreste e i laghi del nord-est americano, fino ai fasti grotteschi dei saloni aristocratici, passando per i bassifondi di Londra, attraverso personaggi femminili e maschili (fatti di leggenda eppure realmente esistiti) intrappolati tra due civiltà, il lettore è immerso in una saga sontuosa, dove la poesia è alleata della precisione nei dettagli. Dal gergo dei malviventi alla lingua sacra dei pellerossa alla “bella lingua” del XVIII secolo, Wu Ming ci restituisce una musica che miscela cornamusa scozzese e canti magici, per farci sentire meglio, al di là dei dibattiti che ancora oggi ci agitano, l’epopea della nascita di una nazione vista dai perdenti della storia.» (Le Nouvel Observateur, 19/08/2009)
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Stella del MattinoStella del mattino (2008)
«Oxford, 1919. La prima guerra mondiale è appena terminata. Tra i tanti reduci dei campi di battaglia ci sono anche tre giovani destinati a un brillante futuro da scrittori: Robert Graves, J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis, tutti alle prese con gli incubi e i traumi psicologici causati dai combattimenti. Ma il personaggio più ambiguo e tormentato è il protagonista T.E. Lawrence, il leggendario Lawrence d’Arabia, che con il suo arrivo risveglia la curiosità degli abitanti della cittadina. Perché è tornato a Oxford? È davvero un eroe? Chi c’è dietro la misteriosa sigla S.A. a cui è dedicato il libro di memorie che Lawrence sta scrivendo? Stella del mattino conferma che i romanzi del collettivo Wu Ming riescono bene sia quando i suoi membri lavorano in gruppo sia quando scrivono da soli. Ancora una volta, l’intreccio di verità storiche ed emozioni inventate funziona perfettamente e ci regala un racconto appassionante e profondo, che si snoda tra le biblioteche inglesi e le sabbie dei deserti arabi.» (Internazionale, 15/05/2008)
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AltaiAltai (2009)
«Quel che non è cambiato in Altai è la voglia di perseguire l’utopia e di provare a realizzarla in terra, e non è cambiata la pietas degli autori che palesemente amano i loro eroi e tuttavia non possono impedirsi di sapere com’è andata a finire: anche il sogno d’una patria per tutti i perseguitati, ebrei o no, in cui «coltivare la vite, l’ulivo e la tolleranza», finirà nell’odore del sangue e nel lezzo dei cadaveri. Ma il romanzo storico, per essere popolare ed epico, deve calarsi in un passato capace di far sognare ad occhi aperti, e i luoghi e gli anni raccontati in Altairispondono allo scopo. La vicenda si muove tra una Venezia lugubre e poliziesca e una Costantinopoli raggelata dalla neve come dal pennello d’un calligrafo, prosegue nella polvere e nel frastuono dell’assedio di Famagosta e si conclude nelle acque insanguinate di Lepanto.»  (Tuttolibri – La Stampa, 19/12/2009)
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Il sentiero degli deiIl sentiero degli dei (2010)
«La linea gotica, la guerra partigiana, le vestigia romane, gli scavi archeologici, l’epopea sanguinosa della Direttissima (la nonna della Tav, voluta da Mussolini), gli operai morti per acqua, per fuoco e per silicosi, le falde disseccate, gli sventramenti e gli sciali che la Modernità si è lasciata alle spalle nella sua corsa forsennata. “Tutti crimini che rimandano a un crimine più grande: il tentato assassinio di una differenza”. Di questa differenza Wu Ming 2 ha saputo farsi narratore, e vendicatore, usando – in una sola parola – attenzione. Contro la disattenzione di quel dio distratto che è il progresso, l’attenzione del camminatore, per il quale anche un acciottolato, un muro diroccato, una vite antica, sono presenze che segnano il mondo, sono “luogo”. Minimi indizi di lunghe storie, che la scrittura (e, prima della scrittura, la comprensione) aiuta a rievocare, come cocci da rimettere insieme, pazientemente, gentilmente. L’epica del libro, che pure è asciutto nei toni e ben più breve di quanto la lunghezza del viaggio farebbe temere, sta soprattutto nel contrasto immanente tra il treno che corre “sotto”, cieco e indifferente, e l’uomo che cammina “sopra”, attento, sensibile. E’ una specie di underground rovesciato [...] I veri segreti, i veri misteri, le vere rivelazioni vivono in superficie, sotto le stelle e in mezzo alla nebbia e agli alberi.» (La Repubblica, 25/05/2010)
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Anatra all'arancia meccanicaAnatra all’arancia meccanica (2011)
«Forse, a qualche critico dal palato più fine potrà apparire desueto quest’anatrino marxista all’arancia meccanica, che si scaglia contro l’impero turbocapitalista della Walt Bizney e che non esita a parodiare se stesso, per esempio quando deve scegliere se firmare un contratto milionario per il sequel di un cinepanettone intitolato Benvenuti a ‘sti frocioni. Con il suo porsi pervicacemente in anticipo e in ritardo sui tempi, Wu Ming è il segno di come alcuni scrittori, durante gli anni dello sfacelo e della sovraesposizione narcisistica, abbiano cercato e continuino a cercare un corpo a corpo con la realtà.» (L’Indice, maggio 2011)
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